La clausola poco comprensibile per il cliente della banca viola il principio di trasparenza e va dichiarata nulla. Lo afferma il Collegio di coordinamento dell’Arbitro bancario finanziario (Abf) nella decisione 4135 del 20 maggio 2015 (presidente : Massera).
Il ricorrente aveva stipulato un mutuo fondiario con un istituto bancario per una somma in euro, ma nel contratto era stata stabilita l’indicizzazione al franco svizzero dell’importo finanziato, solo ai fini del calcolo degli interessi.
Il mutuo prevedeva la restituzione della somma in 360 rate mensili, con tasso di interesse pari al Libor franco svizzero a sei mesi, aumentato di uno spread dell’1,3% con previsione di piano di ammortamento predisposto dalla stessa banca sulla base di un tasso di interesse convenzionale del 5,4% e in più con la partizione di un tasso di cambio convenzionale tra franco svizzero ed euro.
Il cliente della banca aveva poi chiesto l’estinzione anticipata del mutuo ma aveva contestato la correttezza del metodo di calcolo seguito per determinare la somma dovuta. La banca di contro sosteneva di aver dato applicazione alla clausola del contratto sottoscritto dal cliente.
La questione, considerata di massima importanza, è stata sottoposta al Collegio di coordinamento dell’Abf, il quale ha ritenuto necessario verificare la legittimità e l’efficacia della clausola che costituiva base normativa giustificatrice del metodo di calcolo controverso.
Secondo le “sezioni unite” dell’Abf, da quella clausola emergeva che in caso di estinzione l’importo del capitale residuo doveva essere prima convertito in franchi svizzeri al tasso convenzionale fissato nel contratto e poi riconvertito in euro al cambio franco svizzero/euro rilevato il giorno del rimborso. In tal modo si esponeva il cliente alla doppia alea della duplice conversione del capitale residuo, prima in franchi svizzeri al tasso convenzionale e poi in euro al tasso di periodo. Inoltre la clausola non indicava le operazioni aritmetiche da eseguire per realizzare tale duplice conversione da una valuta all’altra e viceversa.
Ricorreva pertanto una violazione dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13/Cee, già recepita nell’articolo 34, comma 2, del Codice del consumo. La clausola non descriveva un meccanismo agevolmente comprensibile nella metodica e negli effetti e non esponeva quindi in maniera trasparente il funzionamento concreto del calcolo degli interessi che sarebbero stati applicati al cliente in caso di estinzione anticipata.
Richiamando la sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea del 30 aprile 2013, l’Abf ha ritenuto quella relativa al calcolo degli interessi, come clausola abusiva, e pertanto nulla, ma suscettibile di essere sostituita con una norma di diritto nazionale di natura dispositiva.
Secondo il collegio arbitrale, tra le parti doveva allora trovare applicazione proprio la norma alla quale la clausola abusiva voleva derogare, e cioè l’articolo 125sexies, comma 1, del Testo unico bancario: «Il consumatore può rimborsare anticipatamente in qualsiasi momento l’importo dovuto al finanziatore».
Rimborso che dovrà avvenire alla luce dell’articolo 117, comma 7 dello stesso Testo unico al tasso nominale di buoni ordinari del tesoro annuali, emessi nei 12 mesi precedenti la conclusione del contratto o, se più favorevoli per il cliente, emessi nei dodici mesi precedenti l’operazione.