Decisione N. 9679 del 27 ottobre 2016
COLLEGIO DI NAPOLI
composto dai signori:
(NA) MARINARI ………………………………..Presidente
(NA) CARRIERO………………………………..Membro designato dalla Banca d'Italia
(NA) SANTAGATA DE CASTRO …………Membro designato dalla Banca d'Italia
(NA) SICA …………………………………..…..Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari
(NA) BARTOLOMUCCI………………………Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti
Relatore SALVATORE SICA
Nella seduta del 13/09/2016 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
Con ricorso introduttivo, il ricorrente affermava che in data 12.11.2001, aveva sottoscritto con la banca originaria, successivamente incorporata dalla odierna resistente, un contratto di mutuo per l’acquisto della prima casa: mutuo successivamente oggetto di rettifica in data 27.10.2003.
Successivamente, il ricorrente dovendo avviare una procedura di surroga del mutuo da parte di un altro istituto di credito, effettuava una verifica delle condizioni previste dal predetto contratto e veniva a conoscenza dell’esistenza di una serie di “clausole che prevedevano un articolato calcolo e l’applicazione d’indennità che facevano lievitare a dismisura il reale importo da restituire”.
Alla luce di ciò, il ricorrente non poteva stipulare il contratto di surroga, in quanto l’operazione veniva ritenuta economicamente pregiudizievole dalla banca surrogante. Pertanto, presentava reclamo il 20.02.2016 al fine di ottenere la “rimozione di tutte le clausole che impediscono l’estinzione o la surroga del contratto [...] senza costi” per il cliente, “già ritenute vessatorie in analoghi contratti di mutuo”.
In sede di riscontro al reclamo veniva comunicato anche il conteggio riepilogativo dal quale emergeva che il capitale residuo da corrispondere in caso di estinzione era di €41.075,69 a fronte di un debito iniziale di € 103.110,82, e che la rivalutazione, per effetto del duplice cambio, aumentava determinando un ulteriore esborso di €14.636,06. Pertanto, il ricorrente, chiedeva di invalidare le clausole presenti nel contratto di mutuo oggetto di controversia e, specificamente, nell’art. 10, che prevedeva, appunto, il metodo di calcolo per la determinazione della somma da restituire alla banca in caso di estinzione anticipata o surroga dello stesso; chiedeva, altresì, di stabilire il giusto sistema di calcolo per la restituzione di quanto dovuto alla banca, in caso di estinzione anticipata o di surroga del mutuo.
A fronte di tali deduzioni, l’intermediario, spiegava preliminarmente l’eccezione di inammissibilità del ricorso, e, nel merito, assumeva che il contratto di mutuo sottoscritto dal ricorrente prevedeva l’erogazione e le rate di rimborso regolate in euro, ma la valuta di riferimento ai fini del calcolo delle rate era il franco svizzero.
Il carattere distintivo del prodotto era, quindi, rappresentato dal doppio criterio di indicizzazione, l’uno legato all’andamento di un tasso di mercato, il LIBOR, l’altro all’andamento di una valuta. Richiamata la giurisprudenza esistente in materia circa la legittimità del mutuo fondiario in valuta estera caratterizzato dall’inserimento del rischio della indicizzazione nel rapporto giuridico che le parti hanno assunto (Cass, 29 maggio 2012, n. 8548 ) , assumeva che il piano di ammortamento era quello concordato al momento della stipulazione, con la previsione di rata costante per tutta la durata del finanziamento.
La resistente, precisava, altresì, che in caso di estinzione anticipata, il capitale residuo è riportato al valore in franchi svizzeri, secondo il tasso di cambio convenzionale, e successivamente convertito in euro al tasso di cambio corrente al momento dell’estinzione, atteso che “... non può non realizzarsi quella attualizzazione che, in costanza di rapporto è praticata attraverso l’indicizzazione valutaria”.
Nel caso in cui il tasso di cambio vigente al momento dell’estinzione sia sfavorevole rispetto a quello convenzionale ( come nel caso in contestazione ) l’equivalente in euro da rimborsare sarà maggiore rispetto a quello da piano di ammortamento. In via ultimativa, sosteneva, inoltre che tutte le modalità di indicizzazione erano illustrate nel contratto, in maniera chiara e trasparente, e sicuramente non qualificabili come vessatorie.
Diritto:
In via preliminare occorre prendere in considerazione, l'eccezione di inammissibilità per incompetenza dell' Arbitro sollevata dall'intermediario ratione temporis, vertendosi di validità di clausole inserite in un contratto stipulato in data 12.11.2001. Infatti, le “Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari “ prevedono ( sezione I - Disposizioni di carattere generale - Par. 4 ) che non possono essere sottoposte all’ABF controversie relativea operazioni e comportamenti anteriori al 1 gennaio 2009.
Sul punto, giova richiamare l'orientamento del Collegio di Coordinamento contenuto nella decisioni 5855/2015, ove è precisato che la competenza arbitrale si riferisce ai ricorsi aventi ad oggetto operazioni o comportamenti successivi al 1° gennaio 2009, ancorchè il contratto all'origine della controversia risulti stipulato in data anteriore. E', infatti, vero che la domanda attorea attiene all'invalidazione della clausola inserita nel contratto del 2001, ma è, altresì, vero che gli effetti di tale clausola si producono all'atto della redazione dei conteggi di estinzione anticipata, “OPERAZIONE” da attuarsi sicuramente in periodo successivo al 2009 e, ciò, nell'ambito della competenza temporale del Collegio.
Va, pertanto, disattesa la spiegata eccezione.
Nel merito, la verifica di legittimità della clausola in questione, di cui all’art. 10 va posta in essere alla luce del costante orientamento dell’ Arbitro e di questo Collegio, che, in ordine a pattuizioni del medesimo tenore e contenuto a quella in esame, ha stabilito quanto segue.
<< Il ricorso è meritevole di accoglimento. Preliminarmente, circa l’eccezione sollevata dalla resistente di incompetenza ratione temporis del Collegio, essa va rigettata. Secondo espressa previsione regolamentare, infatti, la competenza arbitrale è circoscritta ai ricorsi aventi ad oggetto operazioni o comportamenti successivi al 1 gennaio 2009, nel caso di specie, la domanda proposta dal ricorrente riguarda i conteggi di estinzione anticipata del finanziamento di cui si tratta, i quali sono stati predisposti dall’intermediario in data 12.01.15 e 19.01.15, sussistendo, conseguentemente la competenza dell’Arbitro Bancario Finanziario [ ...] La norma contrattuale in esame prevede, in casi di estinzione anticipata del finanziamento, che l’importo del capitale residuo vada prima convertito in franchi svizzeri al tasso di cambio convenzionale fissato nel contratto e successivamente riconvertito in euro al cambio franco svizzero/euro rilevato il giorno del rimborso. Espressamente: “Ai fini del rimborso anticipato, il capitale restituito, nonché gli eventuali arretrati che fossero dovuti, verranno calcolati in Franchi Svizzeri in base al “tasso di cambio convenzionale”, e successivamente verranno convertiti in Euro in base alla quotazione del tasso di cambio Franco Svizzero-Euro rilevato sulla pagina FXBK del circuito Reuter e pubblicato su “il sole 24 Ore” nel giorno dell’operazione di rimborso”. Quindi, ai fini del suddetto calcolo, sono previste due operazioni: dapprima il calcolo del capitale residuo in Franchi Svizzeri sulla base del tasso convenzionale di cambio adottato al momento della stipula; successivamente tale cifra verrà convertita in Euro sulla base del tasso di cambio esistente al momento dell’estinzione, subendo i cliente la doppia alea della duplice conversione del capitale residuo. Sulla base delle regole di correttezza, trasparenza e buona fede, che devono caratterizzare qualsiasi regolamento contrattuale, risulta evidente che tale art. 7 non espone in maniera trasparente e inequivoca il meccanismo di calcolo applicabile in occasione dell’estinzione anticipata, tutto ciò in contrasto con la disciplina prevista dalla direttiva 93/13/CEE (recepita dall’ordinamento nazionale attraverso l’adozione del Codice del Consumo).
Secondo la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la violazione del principio di trasparenza, di cui all’art.4, paragrafo 2 della direttiva sopra citata, fa sì che la clausola di cui si tratta sia valutata come abusiva ai sensi dell’art. 3, paragrafo 1 della stessa, laddove “malgrado il requisito della buona fede, si determini un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto”. Conseguentemente, in quanto abusiva, la clausola contrattuale è suscettibile di essere dichiarata ex officio nulla, ai sensi dell’art. 36 cod. cons. Anche la stessa Corte Suprema ha affermato che la violazione della fondamentale regola della trasparenza, comporta la nullità della clausola (Cass. Sez. III, 8 agosto 2011, n.17351). Alla luce dei predetti dati normativi e orientamenti giurisprudenziali, nazionale e comunitari, il Collegio di Coordinamento, con decisone n. 5866/15 ha stabilito che conseguentemente alla nullità della clausola abusiva “si applica la norma di diritto positivo alla quale il predisponente aveva inteso derogare a proprio vantaggio”, in quanto detta nullità non travolge l’intero contratto, ma impone soltanto un nuovo calcolo degli interessi. A questo punto, è bene sottolineare, che dai fatti esposti in sede di ricorso, e in ossequio al principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato che regola questo procedimento, si evidenzia che il petitum ha ad oggetto la retrocessione di una somma 23.040,11, inferiore all’importo calcolato nel conteggio estintivo di euro 54.099,93 come “rivalutazione”.
Pertanto, ribadita la nullità della clausola contenuta nell’art.7 del contratto oggetto del giudizio, e tenuto conto del principio nominalistico di cui all’art. 1277, 1 comma c.c. si dichiara l’intermediario tenuto al ricalcolo del capitale residuo, sulla base dei principi sopra enunciati, e alla restituzione di euro 23.040,11, così come richiesto nel ricorso.>> (Collegio Napoli, decisone n. 809/2016 ).
Nel fare proprie le valutazioni sopra esposte, si può concludere per l’ accoglimento della domanda principale, con la dichiarazione di nullità della clausola art.10) del contratto di mutuo in controversia, determinativa degli interessi ai sensi e per gli effetti di cui in motivazione.
Non può trovare invece accoglimento la domanda diretta a “stabilire” il giusto sistema di calcolo per la restituzione di quanto dovuto, trattandosi, in sostanza, di istanza consulenziale, non valutabile da questo Collegio.
P.Q.M.
In parziale accoglimento del ricorso, il Collegio accerta la nullità della clausola determinativa degli interessi nei sensi e con gli effetti di cui in motivazione.
Il Collegio dispone inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di € 200,00 quale contributo alle spese della procedura e al ricorrente la somma di € 20,00 quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.
IL PRESIDENTE
MARCELLO MARINARI