Decisione N. 9494 del 24 ottobre 2016
COLLEGIO DI MILANO
composto dai signori:
(MI) ORLANDI ………................Presidente
(MI) CERINI ………...............…..Membro designato dalla Banca d'Italia
(MI) TENELLA SILLANI ……... Membro designato dalla Banca d'Italia
(MI) SANTARELLI …………...... Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari
(MI) TINA ………….................… Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti
Relatore (MI) CERINI
Nella seduta del 21/07/2016 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
Il ricorso ha ad oggetto una richiesta di inibitoria con riferimento all’utilizzo della clausola di indicizzazione di un mutuo con tasso di cambio CHF/€, così come predisposta ed utilizzata dall’intermediario nel contratto concluso nel 2007 con la parte ricorrente.
Indica, in merito, quest’ultima, rappresentata in ricorso da altra persona fisica sua conoscente, di avere stipulato con l’intermediario convenuto un mutuo indicizzato al cambio CHF/€, la cui clausola che disciplina la modalità di estinzione anticipata “coniugata con l’apprezzamento della valuta svizzera su quella comunitaria, comporta l’impossibilità per i mutuatari di recede anticipatamente dal contratto se non a prezzo di pesanti penalizzazioni”. Secondo la ricorrente, dunque, “il c.d. corrispettivo da rivalutazione costituisce un compenso o una prestazione patrimoniale a favore della banca e, come tale, è espressamente vietato dall’art. 120-ter TUB (già art. 7 del D.L. n. 07/2007)”. D’altro canto, per come costruita la clausola de qua, la ricorrente ritiene che essa vada a costituire un contratto derivato implicito, posto che le prestazioni patrimoniali reciproche dipendono dalla quotazione di un indice sottostante che risulta essere, nel caso specifico, il tasso di cambio CHF/€. Ciò nonostante, la banca in sede di stipula non avrebbe valutato il grado di propensione al rischio della stipulante.
Alla luce di tali rilievi, la clausola sarebbe passibile di censura poiché lo squilibrio determinato dalla medesima verrebbe a configurare la nullità ai sensi degli artt. 33 e 36 del Codice del Consumo.
Su tali presupposti di fatto e di diritto la parte ricorrente chiede al Collegio “ai sensi di cui all’art. 140 comma 5 del codice del consumo di [ordinare all’intermediario di] interrompere immediatamente l’uso della clausola”.
A fronte di tale richiesta l’intermediario, con proprie controdeduzioni, rileva innanzitutto la sussistenza di impedimenti preliminari di natura procedurale, in particolare con riferimento alla carenza di legittimazione attiva ed alla incompetenza dell’Arbitro medesimo.
Quanto al primo aspetto, l’intermediario osserva che “essendo stato richiesto a questo Collegio di interrompere immediatamente l'applicazione della clausola determinativa della rivalutazione (art. 7 del contratto di mutuo) ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 140 c. 5 C.d.C.", non può non rilevarsi la palese carenza di legittimazione attiva della controparte. Inoltre, l’intermediario rileva l’incompetenza soggettiva dell'Arbitro Bancario Finanziario ad "inibire gli atti ed i comportamenti lesivi degli interessi dei consumatori e degli utenti" (cfr. art. 140, comma 1, lettera a), cod. cons.).
Infine, sussisterebbe altresì incompetenza temporale poiché la clausola controversa, non essendosi perfezionata l'estinzione del contratto di riferimento, non è neppure stata concretamente applicata, mentre la stipula del contratto medesimo risale al 2007.
Alla luce di ciò, l’intermediario chiede al Collegio di ”pronunciare, in rito, la irricevibilità del ricorso e, in subordine, di respingere lo stesso perché infondato”.
DIRITTO
Va subito precisato come la parte ricorrente incentra le sue contestazioni sulla clausola che disciplina l’estinzione anticipata del mutuo stipulato con l’intermediario resistente, clausola che prevede doppia conversione del debito residuo in base ai tassi di cambio CHF/€ (convenzionale ed effettivo). Il mutuo, come già indicato, è stato stipulato il 28.12.2007 (All. 7 al ricorso) e non è contestato che sia ancora in ammortamento. Alla luce di ciò la parte ricorrente formula domanda di c.d. inibitoria, ossia di attivazione del rimedio previsto dall’art. 140 comma 5 del codice del consumo, norma che è volta ad interrompere immediatamente l’uso della clausola per la generalità dei contratti utilizzati e diffusi dal professionista.
In relazione a tale domanda, l’intermediario ha eccepito preliminarmente il difetto di legittimazione attiva: prima di interessarsi del merito della domanda di parte ricorrente, il Collegio deve pertanto prendere in considerazione sia l’indicata censura in chiave di irricevibilità del ricorso sia l’ulteriore eccezione di incompetenza, anche soggettiva, così come esposta dall’intermediario nelle proprie controdeduzioni in relazione alla posizione dell’ABF.
Quanto alla carenza di legittimazione attiva, essa si lega, come anzidetto, al peculiare rimedio richiesto dalla parte ricorrente. In particolare, emerge chiaramente dall’atto di ricorso come la domanda circostanzi la norma che si intende attivare, mediante il richiamo al rimedio tipico previsto dall’art. 140 del Codice del Consumo d.lgs.206/2005. La tutela richiesta, pertanto, non attiene al più generico strumento civilistico che l’ordinamento ricollega alla pretesa declaratoria di nullità ovvero di invalidità del contratto o di una sua parte, ma si inserisce nel contesto ben più specifico di quei rimedi a rilevanza c.d. allargata, ossia una inibizione, dunque un ordine di non fare, ovvero di non utilizzare per il futuro ed in ogni contratto, anche già diffuso dal professionista, una data previsione contrattuale corrispondente a quella impugnata.
Per tal motivo, tenuto conto dell’effetto ampio di tale rimedio, la codificazione settoriale che disciplina il diritto dei consumatori nel rapporto con i professionisti limita i soggetti che possono richiedere una pronuncia di inibitoria alle associazioni ed agli enti rappresentativi dei consumatori medesimi. Più precisamente, l’art.139 del Codice del Consumo (Legittimazione ad agire), richiamato dall’art.140 invocato dalla parte ricorrente, prevede che “1. Le associazioni dei consumatori e degli utenti inserite nell’elenco di cui all’articolo 137 sono legittimate ad agire, ai sensi dell’articolo 140, a tutela degli interessi collettivi dei consumatori e degli utenti. Oltre a quanto disposto dall’articolo 2, le dette associazioni sono legittimate ad agire nelle ipotesi di violazione degli interessi collettivi dei consumatori contemplati nelle materie disciplinate dal presente codice, nonché dalle seguenti disposizioni legislative (1): a) legge 6 agosto 1990, n. 223, e successive modificazioni, ivi comprese quelle di cui al testo unico della radiotelevisione, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, e legge 30 aprile 1998, n. 122, concernenti l’esercizio delle attività televisive (2); b) decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 541, come modificato dal decreto legislativo 18 febbraio 1997, n. 44, e legge 14 ottobre 1999, n. 362, concernente la pubblicità dei medicinali per uso umano; b-bis) decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, recante attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno (3);b- ter) regolamento (UE) n. 524/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, sulla risoluzione delle controversie online per i consumatori (regolamento sull’ODR per i consumatori)”.
La domanda di inibitoria formulata dalla parte ricorrente è, dunque, irricevibile in quanto priva di legittimazione attiva è la parte che la richiede, poiché né la ricorrente medesima né il soggetto che la rappresenta in ricorso soddisfano i requisiti previsti dal Codice del Consumo.
Oltre a ciò, la normativa di settore invocata in ricorso prevede che l’eventuale domanda di inibitoria, così come gli altri rimedi previsti dall’art.140 Cod. Cons., siano azionati (e solo da parte dei soggetti qualificati ossia associazioni ed enti rappresentativi di interessi dei consumatori) in una specifica e cioè presso il giudice ordinario e, anzi, dinnanzi al Tribunale medesimo (così art.140, comma 1 Cod. Cons.).
Per quanto detto, la domanda di inibitoria avrebbe dovuto essere rivolta, dai soggetti all’uopo legittimati, innanzi all’autorità giudiziaria ordinaria, esulando dalla competenza prevista in capo a questo Arbitro dalla normativa vigente.
Va, per completezza, comunque osservato che in ogni caso ove il Collegio volesse spingersi oltre tali ostacoli, peraltro insormontabili, afferenti alla procedura tipica individuata dal Codice del Consumo, un’eventuale diversa configurazione della domanda della ricorrente, tale da voler indurre alla dichiarazione di nullità della clausola esclusivamente nel rapporto contrattuale in esame, rischierebbe comunque di non sopravvivere alla censura di incompetenza temporale posto che si tratta di clausola inserita in contratto stipulato nell’anno 2007, oggi non utilizzata né influente sulla prestazione attuale della parte ricorrente. Ciò porta a considerare la controversia al di fuori della competenza temporale dell’Arbitro con particolare riferimento a quanto previsto dalle “Disposizioni sui sistemi di risoluzione delle controversie in materia di servizi e operazioni bancari e finanziari” emanate dalla Banca d’Italia il 12 dicembre 2011 e s.m.i., il cui par. 4, sez. 1 stabilisce che: “Non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009” (sulla cui interpretazione si veda anche ABF, Collegio di Coord., dec.7727/2014).
Alla luce di tutti tali rilievi, il Collegio deve pronunciarsi per l’improcedibilità del ricorso.
PER QUESTI MOTIVI Il Collegio dichiara il ricorso improcedibile.
IL PRESIDENTE
Mauro Orlandi