Decisione N. 5874 del 14 marzo 2018
COLLEGIO DI NAPOLI
composto dai signori:
(NA) CARRIERO ……… Presidente
(NA) BLANDINI ……… Membro designato dalla Banca d'Italia
(NA) FEDERICO ……… Membro designato dalla Banca d'Italia
(NA) GULLO ……… Membro di designazione rappresentativa degli intermediari
(NA) GIGLIO ……… Membro di designazione rappresentativa dei clienti
Relatore GIUSEPPE GIGLIO
Seduta del 06/03/2018
FATTO
Il ricorrente afferma di aver stipulato unitamente alla cointestataria, in data 18/2/2005, un contratto di mutuo fondiario per l’acquisto di un’abitazione. Tale contratto, assistito da garanzia ipotecaria e indicizzato al Franco svizzero, veniva erogato per l’importo di € 60.000,00 da rimborsarsi in 20 anni.
Afferma, poi, di aver formulato richiesta di conteggio per l’estinzione anticipata del rapporto e che la banca comunicava il capitale residuo dovuto al luglio 2016, oltre ad € 14.453,16 a titolo di rivalutazione.
Proponeva, quindi, formale reclamo, contestando l’onerosità della suddetta cifra.
Ottenuta una risposta insoddisfacente, propone a mezzo legale di fiducia ricorso all’Arbitro, sottolineando che le clausole di cui artt. 4 e 9 del regolamento contrattuale non furono “mai oggetto di precedente trattativa”; la vessatorietà “della premessa del contratto, nella quale la banca fa dichiarare agli attori di aver ricevuto, prima del rogito notarile, il foglio informativo relativo all’operazione di finanziamento ed alle garanzie che lo assistono; clausola non corrispondente al vero in quanto la parte ha preso visione del contratto e delle relative condizioni solo dopo la trascrizione”;
la vessatorietà e l’illegittimità delle clausole di applicazione degli interessi, e del collegamento degli stessi al cambio svizzero, in particolare “la clausola rischio cambio è uno strumento finanziario, atteso che prevede dei flussi di denaro collegati all’andamento di una valuta estera, che vengono regolati autonomamente rispetto alle obbligazioni tipiche del contratto di mutuo; in base a tale clausola, la rata mensile costituisce solamente la base di calcolo per determinare il differenziale spettante all’una o all’altra parte, con una mera funzione aleatoria”.
Conclude l’attore sostenendo che, allora, sussiste l’applicabilità del Testo Unico in materia di intermediazione finanziario e “il mancato rispetto dell’intera normativa applicabile all’operazione finanziaria conclusa costituisce all’evidenza un inadempimento grave, che giustifica la risoluzione del contratto concretato dalla clausola di rischio cambio”. L’intermediario, dopo aver sollevato eccezione pregiudiziale per incompetenza ratione temporis, si oppone alle pretese della cliente ed osserva:
relativamente alle caratteristiche del prodotto in questione, che si tratta di un mutuo in Euro indicizzato al Franco Svizzero, ossia un mutuo la cui erogazione e le cui rate di rimborso sono regolate in Euro, ma la cui valuta di riferimento ai fini del calcolo delle suddette rate è il Franco Svizzero;
che il meccanismo di indicizzazione previsto nel contratto di mutuo (cioè le modalità con le quali le variazioni dei tassi incidono sull’ammontare delle rate del mutuo), avviene mediante “conguagli semestrali”, come esplicato all’art. 4 del contratto; in particolare, mentre la rata mensile (in Euro) è convenzionalmente pattuita in misura costante secondo il piano di ammortamento allegato (calcolato sulla base del tasso interesse convenzionale e del tasso di cambio convenzionale), sono fatti salvi gli aggiustamenti effettuati periodicamente sulla base dei menzionati conguagli: al termine di ogni semestre, infatti, la Banca determina la differenza tra i tassi (di interesse e di cambio) convenzionali e i tassi reali rilevati sul mercato l’ultimo giorno di ogni semestre. L’importo così rilevato genera un conguaglio (positivo o negativo) da accreditare ovvero da addebitare su un “conto di deposito fruttifero”, appositamente acceso presso la banca a nome della stessa parte mutuataria;
relativamente al procedimento previsto per il calcolo del capitale da rimborsare in caso di estinzione anticipata del mutuo, previsto dall’art. 9 del contratto, che lo stesso si articola in due fasi, e precisamente: in un primo momento, si converte in Franchi Svizzeri il capitale residuo espresso in Euro nel piano di ammortamento allegato al mutuo, applicando il tasso di cambio convenzionale adottato al momento della stipula (ossia moltiplicando il capitale residuo, espresso in euro, per il menzionato tasso convenzionale contrattualmente pattuito); in un secondo momento, per calcolare la somma che il mutuatario deve in concreto corrispondere alla Banca (somma corrisposta in Euro), si deve riconvertire in Euro il capitale residuo, come sopra calcolato, adottando il tasso di cambio attuale esistente al momento dell’estinzione (c.d. “tasso di periodo”), a tal fine dividendo l’importo del capitale residuo in Franchi svizzeri per tale tasso di periodo;
in merito all’asserita vessatorietà della clausola determinativa delle modalità di estinzione anticipata, che al caso di specie non sono applicabili tout court gli artt. 33 e 36 del codice del consumo al caso di specie, posto che le clausole contrattuali di indicizzazione non determinano alcuno squilibrio tra le parti in quanto l’andamento del Franco svizzero può concretizzarsi in uno svantaggio ma anche in un vantaggio per il cliente;
in ordine all’asserita sussistenza di una struttura di derivato alla base del contratto di mutuo, la circostanza che, nel caso di specie, l’impossibilità di sussumere dal contratto una simile fattispecie dipende dal fatto che mancano due posizioni debitorie reciproche che vengono scambiate, essendo esclusivamente il mutuatario tenuto alla restituzione del capitale, degli interessi e della rivalutazione, non potendosi quindi sostenere che la mera indicizzazione ad un parametro esterno sia sufficiente a far cambiare la struttura del mutuo;
sull’inapplicabilità dell’art. 120-ter del TUB, che il richiamo alla norma risulta inconferente, in quanto l’art. 9 del contratto ha la funzione di determinare il valore attuale del capitale residuo alla data di estinzione e non la finalità di obbligare, in tal modo, al pagamento di una penale;
sull’asserita mancanza di trasparenza precontrattuale, che il ricorrente, oltre all’adeguata informativa precontrattuale (foglio informativo) e a quella contrattuale, ha avuto piena consapevolezza delle principali caratteristiche del mutuo (con particolare riferimento ai meccanismi di indicizzazione e di rivalutazione in caso di estinzione anticipata) con nota del 1/3/2013 la quale ha recepito con anticipo quelli che sarebbero stati i contenuti della giurisprudenza del Collegio di Coordinamento (tali note, infatti, contenevano sia le operazioni aritmetiche da seguire per procedere alla duplice conversione da una valuta all’altra, sia la spiegazione dell’esatto significato della clausola determinativa della rivalutazione);
circa la decisione del Collegio di Coordinamento n. 4135/15, contesta il contenuto, ritenendo che il meccanismo determinativo della rivalutazione risulta chiaro nell’esplicitare i passaggi logici previsti per il calcolo del capitale residuo in caso di estinzione anticipata, nonché il richiamo effettuato alla decisione della Corte di Giustizia Europea, in quanto resa su una fattispecie del tutto diversa e dunque non pertinente, giacché nel caso di specie non si controverte della chiarezza della clausola sul piano economico, bensì sul piano prettamente formale, ossia mancanza della formula matematica dei due passaggi logici illustrati in forma discorsiva dalla clausola di estinzione anticipata.
Il ricorrente conclude e chiede al Collegio “di accertare e/o dichiarare l’inefficacia e/o l’invalidità e/o risoluzione parziale dell’operazione di mutuo di cui è causa con riguardo alle clausole e/o patti accessori di indicizzazione/rischio cambio e, per gli effetti, dichiarare illegittimi gli addebiti delle ulteriori somme fatte pagare dall’istituto, con ogni conseguenza di legge e condannare la resistente alla restituzione delle eventuali somme indebitamente riscosse”.
La resistente, sulla base delle considerazioni esposte, chiede, in via preliminare, che il ricorso venga dichiarato inammissibile e, in subordine, che venga respinto nel merito perché infondato.
DIRITTO
Circa l’eccezione pregiudiziale formulata dall’intermediario, va segnalato che, apparentemente, le contestazioni dei ricorrenti attengono al momento genetico del contratto, essendo stata contestata la legittimità di clausole sottoscritte nel 2005. È vero invece che in sede di reclamo venivano contestate le modalità di calcolo adottate nel conteggio estintivo (conteggio che, nel caso di specie, risale al 2011); in tal caso è orientamento costante dei Collegi ritenere infondata la suddetta eccezione.
La presente controversia investe una fattispecie già ripetutamente esaminata da quest’Arbitro, in sede di Collegio di Coordinamento, in relazione ad analoghi ricorsi presentati sempre verso la banca resistente.
Tanto considerato, non ravvede questo Collegio elementi di novità o altri motivi per discostarsi dall’orientamento già assunto dal Collegio di Coordinamento, avuto riguardo in primo luogo alla decisione n. 7727 del 20/11/2014 del Collegio di Coordinamento, nella quale veniva osservato:
“Nella clausola contestata l’indicizzazione era in essa riferita, per il caso di estinzione anticipata, al capitale “restituito” anziché a quello “residuo”, come sarebbe stato richiesto dalla natura atipica e aleatoria del contratto posto in essere (Cass. 29 maggio 2012, n. 8548). L’elevato tecnicismo del meccanismo di indicizzazione adottato e l’assenza, nel testo contrattuale, di una chiara illustrazione delle sue modalità operative rendevano tuttavia non agevole per una persona non particolarmente esperta della materia, come il mutuatario, la percezione dell’erroneità di tale indicazione. (...) Per quanto si è detto, una volta venuto a conoscenza della grave inesattezza contenuta nella formulazione della clausola n. 7, egli era certamente tenuto ad attivarsi onde evitare che la parte mutuataria potesse essere indotta in errore dalla sua ambiguità (Cass. 5 maggio 2009, n. 10285; 21 maggio 2013, n. 12401).”
Rileva, inoltre, l’ulteriore e più recente pronuncia del Collegio di Coordinamento decisione n. 5855 del 29/7/2015, in cui si è avuto modo di chiarire diffusamente: “l’illegittimità della rivalutazione prevista nell’art. 7 del contratto” sulla base di quanto già ritenuto dalla Corte giustizia UE, la quale – deve anche qui ricordarsi - con sentenza n. 26 del 30/4/2013 ha affermato, nell'ambito di una controversia fra due consumatori ungheresi ed un banca in merito all'interpretazione di una clausola contrattuale relativa al corso di cambio applicabile ai rimborsi di un mutuo espresso in valuta estera, che: “L’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che, quanto ad una clausola contrattuale come quella di cui al procedimento principale, è necessario intendere il requisito secondo cui una clausola contrattuale deve essere redatta in modo chiaro e comprensibile nel senso di imporre non soltanto che la clausola in questione sia intelligibile per il consumatore su un piano grammaticale, ma anche che il contratto esponga in maniera trasparente il funzionamento concreto del meccanismo di conversione della valuta estera al quale si riferisce la clausola in parola nonché il rapporto fra tale meccanismo e quello prescritto da altre clausole relative all'erogazione del mutuo, di modo che il consumatore sia posto in grado di valutare, sul fondamento di criteri precisi ed intelligibili, le conseguenze economiche che gliene derivano”.
Ebbene, in conformità al dictum della Corte di Giustizia testé ricordato, la predetta decisione del Collegio di Coordinamento n. 5855 del 29/7/2015, dopo aver precisato che: “La norma contrattuale in esame prevede, in caso di richiesta di estinzione anticipata, che l’importo del capitale residuo vada prima convertito in franchi svizzeri al tasso di cambio convenzionale fissato nel contratto e successivamente riconvertito in euro al cambio franco svizzero/euro rilevato il giorno del rimborso. Il procedimento seguito dall’intermediario per calcolare il capitale da rimborsare a seguito della richiesta di estinzione anticipata del mutuo è agganciato alla sola variabile del tasso di cambio in quanto si applica al capitale residuo con la conseguenza che, attesa l’indicizzazione del capitale al Franco Svizzero, poiché nel caso di specie il tasso di cambio vigente al momento dell’estinzione era sfavorevole rispetto al “tasso di cambio convenzionale” di erogazione del capitale (cioè si è verificato un apprezzamento del Franco Svizzero sull’Euro), l’equivalente in Euro del capitale residuo da rimborsare risulta maggiore dell’equivalente in Euro previsto dal piano di ammortamento. Il suddetto calcolo si è, dunque, articolato in due fasi: dapprima il capitale residuo è stato convertito in Franchi Svizzeri applicando il tasso convenzionale di cambio adottato al momento della stipula; poi è stata calcolata la somma (in Euro) dovuta dal mutuatario per estinguere il debito riconvertendo in Euro il capitale residuo adottando il tasso di cambio esistente al momento dell’estinzione. In tal modo il cliente dovrebbe subire la doppia alea della duplice conversione del capitale residuo, prima in Franchi Svizzeri al tasso convenzionale e poi in Euro al tasso di periodo”; ha ritenuto la nullità della clausola qui esaminata, osservando: “La giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente affermato (confronta ex plurimis Cass. Sez. III, 8 agosto 2011, n. 17351) la necessità che le clausole contrattuali e i comportamenti delle parti contraenti siano conformi alle regole di correttezza, trasparenza ed equità e che la violazione dei suddetti principi comporta la nullità delle clausole contrattuali che non li rispettano. Non sembra che la clausola in esame «esponga in maniera trasparente il funzionamento concreto del meccanismo di conversione della valuta estera», nonché «il rapporto tra tale meccanismo e quello prescritto da altre clausole relative all’erogazione del mutuo», cosicché essa, secondo quanto ritenuto dalla Corte di Giustizia dell’Unione nella sentenza che è già stata più volte menzionata, sembra porsi in contrasto con l’art. 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13/CEE (ovvero con l’art. 34, 2° comma, codice consumo), oltre che contro il predetto orientamento della Corte di Cassazione. Infatti, come si detto, detta clausola contrattuale prospetta che gli importi già restituiti o ancora dovuti dal mutuatario siano dapprima convertiti in franchi svizzeri al “tasso di cambio convenzionale”, e l’importo così ottenuto sia poi riconvertito in euro al tasso di cambio corrente, ma non espone affatto le operazioni aritmetiche che debbano essere eseguite al fine di realizzare tale duplice conversione da una valuta all’altra (e viceversa).
Secondo la menzionata sentenza della Corte di giustizia, la violazione del principio di trasparenza di cui all’art. 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13/CEE fa sì che la clausola di cui si tratta possa essere valutata come abusiva ai sensi dell’art. 3, paragrafo 1, della medesima direttiva, laddove «malgrado il requisito della buona fede, [determini] un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto». Com’è noto, l’art. 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE è stato attuato nell’ordinamento giuridico italiano mediante l’art. 33, 1° comma, cod. consumo., la cui differente formulazione letterale non è significativa ai fini del presente giudizio.
In quanto abusiva, la clausola contrattuale di cui si tratta è pertanto suscettibile di essere dichiarata nulla, ai sensi dell’art. 36 codice consumo (corrispondente all’art. 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE).
Parimenti, secondo il menzionato orientamento della Corte Suprema la violazione della fondamentale regola della trasparenza, quindi della obiettivamente agevole comprensibilità, comporta la nullità della clausola.
Ciò posto, è peraltro necessario stabilire quali conseguenze produca nel rapporto contrattuale tra le parti del presente giudizio la nullità della clausola che è stata sopra esaminata, dal momento che il suddetto rapporto deve comunque essere regolato.
Per quanto qui rileva, la menzionata sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea ha così deciso: «L’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che, [...] ove un contratto concluso tra un professionista e un consumatore non può sussistere dopo l’eliminazione di una clausola abusiva, tale disposizione non osta a una regola di diritto nazionale che permette al giudice nazionale di ovviare alla nullità della suddetta clausola sostituendo a quest’ultima una disposizione di diritto nazionale di natura suppletiva». (...) Nel caso di specie, il già menzionato art. 125-sexies, 1° comma, T.U.B.. (corrispondente all’art. 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48/CE relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE) così statuisce: «Il consumatore può rimborsare anticipatamente in qualsiasi momento, in tutto o in parte, l’importo dovuto al finanziatore».
In armonia con la Corte di Giustizia si pone l’insegnamento della Suprema Corte, secondo cui (Cass. Sez. I, 10 settembre 2013, n. 20686) l’accertata nullità della clausola concernente le modalità del calcolo degli interessi non travolge il contratto, ma impone al giudice un nuovo calcolo degli stessi.
Il caso di specie va, dunque, deciso alla stregua dei principi sopra esposti.
Pertanto, ribadita la nullità della clausola contenuta nell’art. 9 del contratto stipulato tra le parti del presente giudizio e tenuto conto del principio nominalistico di cui all’art. 1277, 1° comma, c.c., l’intermediario dovrà effettuare il conteggio ai fini dell’anticipata estinzione del finanziamento di cui si tratta applicando i principi sopra enunciati.
In esito alla richiesta di estinzione anticipata del mutuo, il capitale residuo che il ricorrente dovrà restituire sarà pari alla differenza tra la somma mutuata (...) e l’ammontare complessivo delle quote capitale già restituite (queste ultime calcolate secondo la contrattuale indicizzazione al Franco Svizzero), senza praticare la duplice conversione indicata dall’art. 9 di cui è stata dichiarata la nullità.
Non è inutile, in ultimo, ricordare come recentemente anche la giurisprudenza di merito (Tribunale di Milano, 16 novembre 2015, ord.) abbia avuto modo di pronunciarsi – sempre nella stessa direzione e sempre nei confronti dell’odierno intermediario resistente, per di più dichiarando espressamente di condividere gli orientamenti di quest’Arbitro. Analogamente, e ancor più di recente, il Tribunale di Roma, 3 gennaio 2017, respingendo la domanda del qui convenuto intermediario e condividendo gli orientamenti di quest’Arbitro, ha ribadito la contrarietà della clausola ora in questione rispetto alle regole di trasparenza poste dagli artt. 115 e 116, T., nonché dagli artt. 33 e seguenti del Codice del Consumo.
Al di là di quanto così statuito circa la nullità della predetta clausola di cui all’art. 9 del contratto de quo, v’è poi da valutare l’ulteriore domanda del ricorrente, volta a criticare la disciplina dei conguagli semestrali. Ora, che una siffatta pretesa di rimborso non possa accogliersi discende innanzitutto dalla constatazione della mancanza di alcuna evidenza o riscontro, da parte del ricorrente, di aver sopportato gli altri oneri o subìto i danni generici di cui riferisce, né di aver pagato alla banca le somme dovute a titolo di conguaglio sul cambio.
Del resto, pure v’è da osservare, in principio, come il meccanismo previsto nel contratto dedotto in lite (art. 4) resti immune dalle sopradette censure che conducono a predicare la nullità dell’art. 9. Esso difatti non obbedisce al meccanismo della duplice conversione operante in sede di estinzione anticipata, ma ad un mero meccanismo di “conguaglio” che prevede la continua formazione di un saldo su di un deposito infruttifero nel quale, via via, annotare l’eventuale differenza fra l’importo previsto, per ciascuna rata, in base al piano di ammortamento inizialmente calcolato al tasso convenzionale, e quanto effettivamente dovuto, per la stessa rata, sulla base dell’applicazione dei due “tassi di periodo” (Libor/CHF e tasso di cambio Euro/CHF). Così che, mentre in caso di differenza positiva (dunque a favore del mutuatario) il saldo si alimenta, in caso di differenza negativa (dunque a sfavore del mutuatario) essa, sempre secondo l’art. 4 del contratto, dovrebbe essere addebitata sul conto fruttifero, nei limiti del saldo su di esso disponibile, ovvero, se tale saldo non sia capiente, sulla prima rata utile dopo il 1° dicembre e il 1° giugno di ogni anno.
Si tratta in definitiva di un criterio di calcolo delle singole rate indicizzato all’andamento dei due tassi previsti dal contratto, che non solleva i medesimi problemi di trasparenza riferibili al meccanismo della doppia conversione del capitale residuo (in questo senso, cfr. Collegio di Napoli decisione n. 1154/2018).
P.Q.M.
In parziale accoglimento del ricorso, il Collegio, accertata la nullità della clausola, dichiara l’intermediario tenuto alla restituzione degli interessi nei sensi di cui in motivazione.
Il Collegio dispone inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di € 200,00 quale contributo alle spese della procedura e al ricorrente la somma di € 20,00 quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.
IL PRESIDENTE
Giuseppe Leonardo Carriero