Decisione n. 5866 del 29 luglio 2015
IL COLLEGIO DI COORDINAMENTO
composto dai Signori:
Dott. Maurizio Massera - Presidente del Collegio ABF di Roma ......................... Presidente [Estensore]
Dott. Flavio Lapertosa - Presidente del Collegio ABF di Milano ......................... Membro effettivo
Dott. Marcello Marinari - Presidente del Collegio ABF di Napoli ........................ Membro effettivo
Prof.ssa Marilena Rispoli Farina - Componente del Collegio ABF di Napoli (designata dal Conciliatore Bancario Finanziario per le controversie in cui sia parte un cliente consumatore) ............ Membro effettivo
Prof. avv. Andrea Tina - Componente del Collegio ABF di Milano (designato dal Consiglio Nazionale
dei Consumatori e degli Utenti) .............................................................. Membro effettivo
nella seduta del 17/06/2015, dopo aver esaminato
il ricorso e la documentazione allegata;
le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione;
la relazione istruttoria della Segreteria tecnica,
FATTO
.1- Il ricorrente chiese che fosse accertato che la somma dovuta per rimborsare anticipatamente il finanziamento a lui concesso dall’intermediario convenuto ammontasse ad €. 117.995,21 alla data del 13 novembre 2013.
.2- Premise: a) di avere stipulato nel 2007 un contratto trentennale di mutuo fondiario dell’importo di €. 180.000,00 da restituire in 360 rate mensili con un tasso d’interesse pari al Libor franco svizzero a sei mesi, aumentato di uno spread dell’1,8%; b) che il piano di ammortamento venne predisposto dalla banca resistente sulla base di un “tasso di interesse convenzionale”; c) che venne pattuito dalle parti contraenti un “tasso di cambio convenzionale” tra il franco svizzero e l’euro.
.3- Aggiunse che, su richiesta della parte ricorrente datata 13 novembre 2013, la banca resistente aveva effettuato un conteggio di anticipata estinzione del suddetto finanziamento, secondo cui il capitale residuo di € 157.901,14 sarebbe dovuto essere rivalutato di € 53.747,59.
.4 – Sostenne che la metodologia a tal fine impiegata dalla banca resistente fosse errata e comunque non conforme al contratto, in quanto la banca resistente avrebbe dovuto convertire il capitale residuo di € 157.901,14 in franchi svizzeri, dividendolo per il “tasso convenzionale di cambio” pari 1,65310 e avrebbe poi dovuto riconvertire il risultato di € 95.697,66 in euro, moltiplicandolo per il tasso di cambio, rilevato nel giorno della richiesta = 1,2330; sempre ad avviso del ricorrente il risultato finale di € 117.995,21 costituirebbe l’importo della somma da versare perché il finanziamento di cui si tratta fosse anticipatamente rimborsato.
Ciò premesso, il ricorrente chiese che fosse accertato che la somma da lui dovuta per rimborsare anticipatamente il finanziamento di cui si tratta ammontasse ad € 117.995,00 alla data del 13 novembre 2013.
.5- La banca resistette al ricorso, affermando:
a) la domanda del ricorrente era finalizzata a ottenere dall’Arbitro l’espletamento di un’attività meramente consulenziale;
b) essa aveva peraltro ad oggetto operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009; c) al fine del rimborso anticipato del finanziamento di cui si trattava, il capitale residuo sarebbe dovuto essere convertito in franchi svizzeri secondo il “tasso di interesse convenzionale” (ossia, moltiplicato per 1,65310); -il risultato ottenuto sarebbe dovuto essere convertito in euro al tasso di cambio rilevato al momento dell’anticipata estinzione (ossia, diviso per 2333); -in base a tale calcolo, la somma dovuta a titolo di rimborso anticipato del finanziamento di cui si trattava era costituita non soltanto dall’importo del capitale residuo nominale di € 157.901,14, ma anche dalla sua rivalutazione di €.53.747,59; - trattandosi di un mutuo indicizzato rispetto a una valuta straniera, esso sarebbe aleatorio per entrambe le parti.
.6- Il Collegio di Roma, avanti al quale la controversia era stata incardinata, rigettò le eccezioni pregiudiziali sollevate dalla resistente concernenti il carattere consulenziale della domanda e l’incompetenza ratione temporis del Collegio arbitrale.
.7- Quindi affrontò il merito del giudizio rilevando che la questione che ne costituiva oggetto era espressamente regolamentata dalla clausola contenuta nell’art. 7 del contratto inter partes, sulla cui legittimità si era già pronunciato il Collegio di Coordinamento, il quale aveva affermato che «nella clausola contestata l’indicizzazione era […] riferita, per il caso di estinzione anticipata, al capitale “restituito” anziché a quello “residuo”, come sarebbe stato richiesto dalla natura atipica e aleatoria del contratto posto in essere (Cass. 29 maggio 2012, n. 8548). L’elevato tecnicismo del meccanismo di indicizzazione adottato e l’assenza, nel testo contrattuale, di una chiara illustrazione delle sue modalità operative rendevano tuttavia non agevole per una persona non particolarmente esperta della materia, come il mutuatario, la percezione dell’erroneità di tale indicazione» (decisione n. 7727 del 20 novembre 2014).
Pertanto il Collegio di Coordinamento era giunto alla conclusione secondo cui l’intermediario era «tenuto ad informare preventivamente la parte mutuataria che la formulazione della clausola era gravemente erronea onde evitare che, non avendo consapevolezza del costo reale dell’operazione, potesse indursi a chiedere l’estinzione anticipata del mutuo in un momento in cui tale operazione sarebbe risultata particolarmente onerosa […]. E che alla sua inerzia debba essere conseguentemente riconosciuta efficacia causale, sia pure non esclusiva nella determinazione del pregiudizio lamentato – nel caso esaminato - dai ricorrenti» (decisione n. 7727 del 20 novembre
2014). Inoltre, il Collegio di coordinamento ritenne che «la detrazione del saldo positivo dal conto di deposito del capitale residuo è stata effettuata dall’intermediario successivamente alla sua rivalutazione, con un non irrilevante aggravio per il mutuatario, anche alla luce della disciplina pattizia, che non autorizza l’intermediario ad utilizzare una siffatta sequenza di computo, come esattamente è stato posto in evidenza dai Collegi territoriali» (decisione n. 7727 del 20 novembre 2014).
.8- Tuttavia il Collegio territoriale ritenne il predetto insegnamento del Collegio di Coordinamento non risolutivo ai fini del presente giudizio, in quanto il ricorrente non aveva lamentato né che la clausola contrattuale di cui si tratta avrebbe dovuto riferirsi al capitale residuo, anziché a quello già restituito, né il mancato o erroneo conteggio dell’eventuale saldo positivo di un conto di deposito, il quale non era stato neppure allegato.
.9- Il Collegio di Roma rilevò ancora che il tema delle clausole che determinano i tassi di cambio di un mutuo espresso in valuta estera, ma erogato in quella nazionale, sono state sottoposte al giudizio della Corte di giustizia dell’Unione europea, la quale, si è pronunciata mediante la sentenza del 30 aprile 2013 chiarendo che la clausola la quale «implica un obbligo pecuniario per il consumatore di pagare, nell’àmbito dei rimborsi del mutuo, importi derivanti dalla differenza tra il corso di vendita e il corso di acquisto della valuta estera, non può essere considerata nel senso che implica una “remunerazione” la cui congruità, in quanto corrispettivo di una prestazione effettuata dal mutuante, non può essere oggetto di una valutazione del suo carattere abusivo a norma dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13».
Quindi la medesima ha affermato che «L’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che […] è necessario intendere il requisito secondo cui una clausola contrattuale deve essere redatta in modo chiaro e comprensibile nel senso di imporre non soltanto che la clausola in questione sia intellegibile per il consumatore su un piano grammaticale, ma anche che il contratto esponga in maniera trasparente il funzionamento concreto del meccanismo di conversione della valuta estera al quale si riferisce la clausola in parola nonché il rapporto tra tale meccanismo e quello prescritto da altre clausole relative all’erogazione del mutuo, di modo che il
consumatore sia in grado di valutare, sul fondamento di criteri precisi ed intellegibili, le conseguenze economiche che gliene derivano».
Sempre secondo la medesima sentenza, infatti, «l’obbligo di trasparenza delle clausole contrattuali posto dalla direttiva 93/13 non può […] essere limitato unicamente al carattere comprensibile sui piani formale e grammaticale di queste ultime. Al contrario, […] poiché il sistema di tutela istituito dalla direttiva 93/13 poggia sull’idea che il consumatore versi in una situazione di inferiorità nei confronti del professionista per quanto concerne, in particolare, il livello di informazione, siffatto obbligo di trasparenza deve essere inteso in maniera estensiva».
.10- Dopo aver ulteriormente sviluppato l’esame della questione, il Collegio remittente, con ordinanza pronunciata nella seduta del 5 dicembre 2014, ritenne che, trattandosi di una questione la massima importanza, suscettibile di essere decisa in potenziale contrasto con alcune pronunce dell’Arbitro, fosse opportuno sottoporre la questione al Collegio di Coordinamento.
DIRITTO
.1- L’oggetto della controversia attiene all’accertamento del corretto metodo di calcolo previsto dall’art. 7 del contratto stipulato tra le parte, predisposto dall’intermediario e contestato dal ricorrente.
Tuttavia è indubbio che essa non possa essere decisa prescindendo dalla verifica della legittimità ed efficacia della clausola medesima, che costituisce la base normativa giustificatrice del suddetto calcolo.
.2-La norma contrattuale in esame prevede, in caso di richiesta di estinzione anticipata, che l’importo del capitale residuo vada prima convertito in franchi svizzeri al tasso di cambio convenzionale fissato nel contratto e successivamente riconvertito in euro al cambio franco svizzero/euro rilevato il giorno del rimborso.
Il procedimento seguito dall’intermediario per calcolare il capitale da rimborsare a seguito della richiesta di estinzione anticipata del mutuo è agganciata alla sola variabile del tasso di cambio in quanto si applica al capitale residuo con la conseguenza che, attesa l’indicizzazione del capitale al Franco Svizzero, poiché nel caso di specie il tasso di cambio vigente al momento dell’estinzione era sfavorevole rispetto al “tasso di cambio convenzionale” di erogazione del capitale (cioè si è verificato un apprezzamento del Franco Svizzero sull’Euro), l’equivalente in Euro del capitale residuo da rimborsare risulta maggiore dell’equivalente in Euro previsto dal piano di ammortamento.
Il suddetto calcolo si è, dunque, articolato in due fasi: dapprima il capitale residuo è stato convertito in Franchi Svizzeri applicando il tasso convenzionale di cambio adottato al momento della stipula; poi è stata calcolata la somma (in Euro) dovuta dal mutuatario per estinguere il debito riconvertendo in Euro il capitale residuo adottando il tasso di cambio esistente al momento dell’estinzione.
In tal modo il cliente dovrebbe subire la doppia alea della duplice conversione del capitale residuo, prima in Franchi Svizzeri al tasso convenzionale e poi in Euro al tasso di periodo.
.3- La giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente affermato (confronta ex plurimis Casse. Sez.III, 8 agosto 2011, n. 17351) la necessità che le clausole contrattuali e i comportamenti delle parti contraenti siano conformi alle regole di correttezza, trasparenza ed equità e che la violazione dei suddetti principi comporta la nullità delle clausole contrattuali che non li rispettano.
.4- Non sembra che la clausola in esame «esponga in maniera trasparente il funzionamento concreto del meccanismo di conversione della valuta estera», nonché «il rapporto tra tale meccanismo e quello prescritto da altre clausole relative all’erogazione del mutuo», cosicché essa, secondo quanto ritenuto dalla Corte di giustizia dell’Unione nella sentenza che è già stata più volte menzionata, sembra porsi in contrasto con l’art. 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13/CEE (ovvero con l’art. 34, 2° comma, cod. cons.), oltre che contro il predetto orientamento della Corte di Cassazione.
Infatti, come si detto, detta clausola contrattuale si limita a prospettare che gli importi già restituiti o ancora dovuti dal mutuatario siano dapprima convertiti in franchi svizzeri al “tasso di cambio convenzionale”, e l’importo così ottenuto sia poi riconvertito in euro al tasso di cambio corrente, ma non espone affatto le operazioni aritmetiche che debbano essere eseguite al fine di realizzare tale duplice conversione da una valuta all’altra (e viceversa).
.5-Secondo la già menzionata sentenza della Corte di giustizia, la violazione del principio di trasparenza di cui all’art. 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13/CEE fa sì che la clausola di cui si tratta possa essere valutata come abusiva ai sensi dell’art. 3, paragrafo 1, della medesima direttiva, laddove «malgrado il requisito della buona fede, [determini] un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto». Com’è noto, l’art. 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE è stato attuato nell’ordinamento giuridico italiano mediante l’art. 33, 1° comma, cod. cons., la cui differente formulazione letterale non è significativa ai fini del presente giudizio.
In quanto abusiva, la clausola contrattuale di cui si tratta è pertanto suscettibile di essere dichiarata ex officio nulla, ai sensi dell’art. 36 cod. cons. (corrispondente all’art. 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CE).
.6- Parimenti, secondo il menzionato orientamento della Corte Suprema la violazione della fondamentale regola della trasparenza, quindi della obiettivamente agevole comprensibilità, comporta la nullità della clausola.
.7- Ciò posto, è peraltro necessario stabilire quali conseguenze produca nel rapporto contrattuale tra le parti del presente giudizio la nullità della clausola che è stata sopra esaminata, dal momento che il suddetto rapporto deve comunque essere regolato.
Per quanto qui rileva, la menzionata sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea ha così deciso: «L’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che, […] ove un contratto concluso tra un professionista e un consumatore non può sussistere dopo l’eliminazione di una clausola abusiva, tale disposizione non osta a una regola di diritto nazionale che permette al giudice nazionale di ovviare alla nullità della suddetta clausola sostituendo a quest’ultima una disposizione di diritto nazionale di natura suppletiva».
Peraltro, e sia pure con specifico riguardo alla manifesta eccessività degli interessi moratori, il Collegio di coordinamento di questo Arbitro ha chiarito che, tenuto anche conto della Giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, alla nullità di una clausola abusiva ai sensi dell’art. 36 cod. cons. consegue l’applicazione della norma di diritto dispositivo alla quale il predisponente aveva inteso derogare a proprio vantaggio (sentenza n. 3995 del 24 giugno 2014). Nel caso di specie, il già menzionato art. 125-sexies, 1° comma, T.U.B.. (corrispondente all’art. 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48/CE relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE) così statuisce: «Il consumatore può rimborsare anticipatamente in qualsiasi momento, in tutto o in parte, l’importo dovuto al finanziatore».
.8- In armonia con la Corte di Giustizia si pone l’insegnamento della Suprema Corte, secondo cui (confronta Cass. Sez. I 10 settembre 2013, n. 20686) l’accertata nullità della clausola concernente le modalità del calcolo degli interessi non travolge il contratto, ma impone al giudice un nuovo calcolo degli stessi.
.9- Il caso di specie va, dunque, deciso alla stregua dei principi sopra esposti.
Pertanto, ribadita la nullità della clausola contenuta nell’art. 7 del contratto stipulato tra le parti del presente giudizio e tenuto conto del principio nominalistico di cui all’art. 1277, 1° comma, c.c., l’intermediario dovrà effettuare il conteggio dell’anticipata estinzione del finanziamento di cui si tratta applicando i principi sopra enunciati.
In particolare posto che il calcolo proposto dal ricorrente non risulta tecnicamente corretto, il capitale residuo che egli dovrà restituire sarà pari alla differenza tra la somma mutuata (180.000,00 euro) e l’ammontare complessivo delle quote capitale già restituite (queste ultime calcolate secondo la contrattuale indicizzazione al Franco Svizzero), senza praticare la duplice conversione indicata dall’art. 7 di cui è stata dichiarata la nullità.
P.Q.M.
Il Collegio, in parziale accoglimento del ricorso, dichiara la nullità dell’art. 7 del contratto tra
le parti.
Dispone, inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla
Banca d’Italia la somma di Euro 200,00 (duecento/00) quale contributo alle spese della
procedura e al ricorrente quella di Euro 20,00 (venti/00) quale rimborso della somma versata
alla presentazione del ricorso.
IL PRESIDENTE
Maurizio Massera