Decisione n. 5250 del 14 agosto 2014
COLLEGIO DI ROMA
composto dai signori:
(RM) MARZIALE ........... .................. Presidente
(RM) DE CAROLIS ............................ Membro designato dalla Banca d'Italia
(RM) ROSSI ................................. Membro designato dalla Banca d'Italia
(RM) CORAPI ................................ Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari
(RM) MARINARO .............................. Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti
Relatore ROSSI CLAUDIA
Nella seduta del 13/06/2014 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
Fatto
I ricorrenti affermano che:
- il 18.07.07 la ricorrente principale (quale parte mutuataria) e il cointestatario del ricorso (quale fideiussore) stipulavano con la banca resistente un contratto di mutuo fondiario in Euro, indicizzato al Franco svizzero, con un tasso di cambio convenzionalmente fissato in franchi svizzeri 1,6851 per 1,00 Euro (art. 4 contratto di mutuo);
- il 3.04.13 la banca, su specifica richiesta, comunicava il calcolo e le somme dovute per l’estinzione totale anticipata del mutuo;
- con raccomandata ricevuta dalla banca il 9.04.13, la ricorrente presentava reclamo avverso i criteri di calcolo da essa applicati;
- il conteggio della banca si fonda infatti sulla circostanza che il rischio della svalutazione dell’Euro rispetto al Franco svizzero sia sopportato dalla mutuataria;
- la banca richiede dunque per l’estinzione anticipata totale del capitale residuo (al 21/04/13) di € 179.740,52 una ulteriore somma a titolo di rivalutazione di € 69.359,53;
- la banca effettua il conteggio secondo la formula “capitale da estinguere, diviso il tasso di cambio attuale, moltiplicato il tasso di cambio storico” e così, in termini numerici, €179.740,52 : 1,2159 x 1,6851 = 249.100,05 quale somma richiesta per l’estinzione del residuo capitale;
- detto criterio di calcolo non trova alcun fondamento nel contratto di mutuo (v. art. 7, intitolato “estinzione anticipata”);
- la specifica clausola appena citata non prevede assolutamente che il rischio della svalutazione dell’Euro rispetto al Franco svizzero, gravi sulla parte mutuataria;
- l’art. 7 letteralmente inteso porta a ritenere invece che sia corretto il criterio di calcolo già eccepito in sede di reclamo, ovvero € 179.740,52 : 1,6851 x 1,2159 (capitale residuo diviso il tasso convenzionale, moltiplicato per il tasso attuale) e ciò in stretta interpretazione della clausola contrattuale che prevede, ai fini del rimborso del capitale, che il calcolo venga eseguito convertendo il capitale residuo in CHF al tasso convenzionale (quindi 179.740,52 : 1,6851), e successivamente che il risultato ottenuto sia di nuovo convertito in Euro in base al tasso di cambio attuale (quindi moltiplicando il risultato per 1,2159);
- applicando detto criterio di calcolo alla totale estinzione richiesta dalla ricorrente, si ottiene che la somma dovuta per l’estinzione del finanziamento (con un capitale residuo di € 179.740,52), ammonterebbe ad € 129.693,49;
- tale criterio di calcolo è stato recentemente confermato, in una fattispecie identica a quella in esame, dal Collegio Milano dell’Arbitro Bancario Finanziario con decisione n. 707 del 9 marzo 2012;
- a sostegno di tale decisione il Collegio pone le seguenti considerazioni:
A) la lettera dell’art. 7 “contiene una previsione ambigua … anche se una mera interpretazione letterale dovrebbe far propendere per la tesi interpretativa sostenuta dalla ricorrente” (mutuataria);
B) esclusa la possibilità, per la natura finanziaria della clausola, di adottare criteri interpretativi sistematici, ed adottando invero criteri “ermeneutici sussidiari … trattandosi di contratto per adesione, trova posto il criterio di cui all’art. 1370 c.c. (cfr. Cass. civ., sez. III, 29.09.2005, n. 19140), il quale prescrive che, nel dubbio, le clausole inserite nelle condizioni di contratto o in moduli o formulari predisposti da uno dei contraenti si interpretano (nel dubbio) a favore dell’altro”.
I ricorrenti dichiarano pertanto di concordare con la suindicata decisione del Collegio di Milano, assolutamente in sintonia con la loro richiesta, con particolare riferimento alla chiara interpretazione letterale del richiamato art. 7 del contratto, che appunto in modo inequivoco sancisce, per l’esecuzione del calcolo in questione, che il capitale da
estinguere espresso in Euro, debba prima essere convertito in CHF al tasso convenzionale, e successivamente riconvertito in EURO al tasso attuale.
Per quanto esposto, i ricorrenti chiedono che il Collegio voglia accogliere il ricorso, confermando e riconoscendo la correttezza del meccanismo di calcolo per il rimborso del mutuo come da loro indicato.
Con ogni conseguente pronuncia in ordine alle spese per la procedura.
L’intermediario resiste al ricorso ed espone quanto segue:
- in via preliminare, il ricorso è passibile di inammissibilità, stante la richiesta di una attività di tipo consulenziale all’Arbitro Bancario Finanziario, estranea alle sue funzioni, come già affermato dallo stesso in più occasioni (Collegio di Milano, dec. nn. 207/12, 644/2010 e 285/2011). Nel caso di specie, quindi, la verifica della correttezza di conteggi, o la loro eventuale rielaborazione, risulta del tutto estranea agli scopi e alle funzioni dell’ABF, giustificando il difetto di rito del presente ricorso;
- nella denegata ipotesi in cui il Collegio decidesse di esaminare comunque la questione nel merito, in particolare relativamente ai conteggi prodotti dalla banca - specie nella parte inerente il meccanismo di rivalutazione, principale oggetto di contestazione, - la banca rileva come detti conteggi rispecchino fedelmente quanto riportato nelle condizioni contrattuali del rapporto in oggetto (cfr. art. 7 del contratto), la cui trasparenza rientra nel dettato dell’art. 35, co. 1, del D.Lgs. n. 206/2005 (Codice del Consumo), che prevede che «nel caso di contratti di cui tutte le clausole o talune clausole siano proposte al consumatore per iscritto, tali clausole devono sempre essere redatte in modo chiaro e comprensibile»;
- nel conteggio di estinzione anticipata fornito dalla banca, con indicazione dell’ammontare aggiornato della “rivalutazione”, pari ad Euro 69.359,53, vengono fornite le specifiche di calcolo del predetto conteggio;
- la questione sottoposta dalla ricorrente a codesto Arbitro Bancario e Finanziario concerne in particolare la determinazione della formula da utilizzare (c.d. indicizzazione) per calcolare le somme dovute alla banca in caso di estinzione anticipata del mutuo;
- la caratteristica di tale contratto di mutuo è quella di essere un mutuo in Euro indicizzato al Franco Svizzero (cfr. art. 4 del contratto);
- in altri termini, si tratta di un mutuo la cui erogazione e le cui rate di rimborso sono regolate in Euro (essendo quest’ultima la moneta corrente in Italia), ma la cui valuta di riferimento ai fini del calcolo delle rate è il Franco Svizzero;
- come noto, infatti, per “indicizzazione” si intende un meccanismo con il quale si ancorano ad un certo parametro di riferimento (ad esempio indice di borsa, tasso di interesse, tasso di inflazione, ecc.) l’ammontare, a seconda dei casi, di una somma capitale (ad esempio una somma assicurata, un salario ecc.) o il valore di rimborso dello stesso (come nel caso di rimborso di un mutuo o di una obbligazione);
- per quanto attiene al meccanismo di indicizzazione previsto nel contratto di mutuo (cioè le modalità con le quali la variazione del Franco Svizzero incide sull’ammontare delle rate del mutuo), rileva anzitutto l’articolo 3 di tale contratto (rubricato “Termini e modalità di rimborso”), illustrativo del piano di ammortamento, comprensivo di quote capitale e quote interessi, da versare alla banca in rate mensili, per la durata stabilita (nel caso di specie 30
anni) e fatti salvi i “conguagli semestrali così come in seguito determinati”;
- il meccanismo di tali “conguagli semestrali” risulta chiaramente esplicitato nell’articolo 4 del contratto e da esso deriva che il contratto in questione si caratterizza, da un lato, per il fatto che l’indicizzazione delle rate di rimborso dipende, oltre che dall’andamento del tasso di interesse (LIBOR), anche dal tasso di cambio Franco Svizzero/Euro, che deve quindi essere preso in considerazione per calcolare l’equivalente in Euro delle rate di rimborso, e, dall’altro, per il fatto che nell’alea del contratto stesso rientrano sia il rischio della fluttuazione del tasso di interesse (tipico di tutti i contratti di mutuo) sia quello connesso alla fluttuazione del tasso di cambio Franco Svizzero/Euro.
Quanto alle modalità di calcolo delle somme dovute all’intermediario in caso di estinzione anticipata del mutuo, la banca osserva che:
- l’ipotesi di estinzione anticipata del mutuo è esplicitamente contemplata dall’articolo 7, comma 4, del contratto (v. supra);
- il procedimento previsto per il calcolo del capitale da rimborsare nel caso di estinzione anticipata del mutuo si articola, dunque, in due fasi, e precisamente:
a) in un primo momento, si converte in Franchi Svizzeri il capitale residuo, applicando il tasso di cambio convenzionale adottato al momento della stipula. Conseguentemente, per convertire in Franchi Svizzeri il capitale residuo, espresso in Euro, adottando il tasso di cambio convenzionale di “Franchi Svizzeri 1,6851 per un Euro”, è evidente che bisogna moltiplicare tale capitale residuo per il menzionato tasso di cambio (e non dividerlo, come
vorrebbe la ricorrente);
b) in un secondo momento, per calcolare la somma che il mutuatario deve in concreto corrispondere alla Banca (somma che, evidentemente, viene corrisposta in Euro), si deve riconvertire in Euro il capitale residuo, come sopra calcolato, adottando il tasso di cambio esistente al momento dell’estinzione (c.d. “tasso di periodo”). Conseguentemente, per calcolare l’equivalente in Euro (al cambio attuale) del capitale residuo in Franchi Svizzeri
di cui al punto (a) è necessario dividere tale importo per il tasso di periodo (e non moltiplicano, come vorrebbe la ricorrente), come sinteticamente riportate nella seguente formula:
quota capitale x tasso di cambio convenzionale (storico) / tasso di cambio di periodo (attuale), e cioè Euro 179.740,52 x 1,68510/1,21590 = Euro 249.100,05 (rivalutazione di € 69.359,53);
- in sostanza, a fronte di una estinzione del mutuo in linea capitale di Euro 179.740,52, la banca chiedeva il versamento del maggiore importo di Euro 69.359,53, calcolato secondo la formula di indicizzazione di cui sopra;
- da quanto sopra discende secondo la banca che la formula di indicizzazione proposta dalla ricorrente è pacificamente errata, in quanto la stessa si fonda su una non corretta comprensione della clausola di indicizzazione del capitale residuo (art. 7 del contratto di mutuo) nonché su un equivoco di fondo relativo al tasso di cambio da utilizzare per il calcolo dell’indicizzazione, che è il rapporto Franco Svizzero/Euro (come espressamente previsto nel contratto) e non, invece, il reciproco rapporto Euro/Franco Svizzero;
- non possono, dunque, esservi dubbi circa la correttezza del metodo di calcolo seguito dalla banca, atteso che il contratto prevede esplicitamente che il «tasso di cambio convenzionale” sia fissato in “Franchi Svizzeri 1,6851 per un Euro”, con la conseguenza che per convertire in Franchi Svizzeri il capitale residuo è necessario moltiplicare tale importo per il menzionato tasso di cambio convenzionale, come fatto dalla banca, e non dividere, come invece ha chiesto la cliente. Infatti, dividere la quota capitale per il tasso di cambio convenzionale Franco Svizzero/Euro non ha alcun significato né sotto il profilo logico né sotto quello finanziario, in quanto il risultato ottenuto non esprimerebbe alcuna “grandezza”;
- analogamente, anche il passaggio successivo del conteggio di estinzione, e cioè la riconversione dei Franchi Svizzeri in Euro al tasso di cambio attuale, non può che essere effettuato dividendo i Franchi Svizzeri per il menzionato tasso di cambio attuale al momento dell’estinzione e non, invece, moltiplicando, come sostenuto dalla cliente, poiché anche in questo caso il valore così ottenuto non esprimerebbe alcun significato;
- seguendo la tesi della ricorrente, per di più, quest’ultima verrebbe addirittura a giovarsi dell’apprezzamento del Franco Svizzero rispetto all’Euro intervenuto negli ultimi anni, pagando un capitale residuo inferiore a quello indicato nel piano di ammortamento a rate costanti; ciò che, evidentemente, non può essere, in quanto il mutuo in questione, ancorché pagabile in Euro, è indicizzato al Franco Svizzero, con la naturale conseguenza che se il Franco Svizzero si apprezza sull’Euro – come concretamente accaduto nel corso degli ultimi anni – la quota capitale delle rate di ammortamento, così come del capitale residuo in caso di estinzione anticipata, non può che aumentare per definizione (non potendo, invece, diminuire);
- infatti, per l’estinzione del mutuo la variabile che viene presa in considerazione è unicamente il tasso di cambio Franco Svizzero/Euro, giacché si tratta di un’operazione relativa al solo capitale (trattandosi, appunto, di un conteggio di mero rimborso del capitale residuo mutuato, che non considera gli interessi);
- ne deriva che, attesa l’indicizzazione del capitale al Franco Svizzero, qualora il tasso di cambio vigente al momento dell’estinzione sia sfavorevole rispetto al «tasso di cambio convenzionale” di erogazione del capitale (cioè nel caso in cui il Franco Svizzero si sia apprezzato sull’Euro), l’equivalente in Euro del capitale residuo da rimborsare sarà maggiore dell’equivalente in Euro previsto dal piano di ammortamento;
- l’operazione di estinzione, pertanto, presenta carattere aleatorio, essendo legata al rischio della variabilità del tasso di cambio;
- il Collegio ABF di Napoli, con decisione n. 2374/11, ha puntualizzato che «il previsto meccanismo di indicizzazione valutaria, come qualsiasi meccanismo del genere, viene a innestare nel contratto un elemento di aleatorietà (non a caso evidenziato in termini generali nel foglio informativo con l’allusione al c.d. rischio di cambio) per ambedue i contraenti, la stipulazione di contratti del tipo di quello qui in esame essendo reputata o meno più conveniente dai mutuatari sulla base della fiducia nell’andamento della propria valuta»;
- la decisione del Collegio ABF di Milano n. 707 del 9 marzo 2012, richiamata espressamente dalla ricorrente a sostegno delle proprie ragioni, è in effetti scaturita da un ricorso, avente anch’esso ad oggetto una fattispecie analoga a quella in esame;
- peraltro, con nota del 2 aprile 2013, redatta con l’ausilio anche di pareri espressi da consulenti esterni, tale decisione è stata fermamente contestata dalla banca, la quale ribadisce che la previsione dell’art. 7 del contratto non è affatto ambigua e che, in ogni caso, il criterio interpretativo basato sull’articolo 1370 c.c. contrasta con il noto e consolidato principio, anche giurisprudenziale, secondo il quale la disciplina prevista per i contratti dagli art. 1341 e 1342 c.c. (richiamati appunto dall’art. 1370) non trova applicazione nel caso di contratti che siano stati stipulati nella forma dell’atto pubblico, posto che, come stabilito dalle Sezioni Unite della Cassazione con sentenza n. 193 del
10.01.1992 (in Vita Notarile, 1992, 761) «le clausola inserite in un contratto notarile, ancorché si conformino alle condizioni poste da uno dei contraenti, non sono qualificabili come “predisposte” dal medesimo ai sensi ed agli effetti dell’art. 1341 c.c., e, quindi ancorché vessatorie, non abbisognano di specifica approvazione »;
- tale consolidato principio è stato ribadito a più riprese sia dalla giurisprudenza (si veda, ex plurimis, Cass., 21 settembre 2004, n. 18917), sia da autorevole dottrina, la quale pure ha precisato che «il requisito della specifica approvazione per iscritto non è richiesto, inoltre, quando la stipulazione avvenga per atto notarile. Anche in tal caso manca il presupposto della predisposizione unilaterale delle clausole, pur se il testo sia preparato da una delle parti il contratto si conclude in quanto il pubblico ufficiale accerta che esso è l’espressione della comune volontà di entrambe le parti» (così M. Bianca, Diritto Civile, tomo III, “Il Contratto”, seconda ed., 2000, pag. 362);
- di qui l’impossibilità di ricorrere alla regola ermeneutica di cui all’art. 1370 cod. civ., che per di più “è sussidiaria alle regole di interpretazione soggettiva contenute nel codice civile, con la conseguenza che assume comunque valore residuale rispetto ai precedenti criteri dettati dagli artt. 1362 ss.”.
Alla luce di tutto quanto esposto in fatto e in diritto, la banca chiede che il Collegio voglia dichiarare inammissibile il ricorso, in relazione alla chiesta verifica del conteggio, ovvero di rigettarlo perché del tutto infondato.
I ricorrenti – per il tramite del loro difensore – hanno replicato alle controdeduzioni dell’intermediario, facendo presente che:
- il ricorso è pienamente ammissibile, dato che si riferisce a “una contestazione relativa a operazioni e servizi bancari e finanziari”, quali i conti correnti, i mutui, i prestiti personali, come previsto dalla normativa di settore;
- la banca non ha per nulla chiarito, come non lo chiarisce l’art. 7 del contratto di mutuo, le circostanze per le quali la svalutazione dell’Euro rispetto al Franco svizzero dovrebbe gravare su di loro;
- la formula matematica operata dall’intermediario, che produce come risultato l’importo di € 249.100,05, al limite individuerebbe la somma da scalare, in caso di estinzione parziale, dal capitale concesso in mutuo, dietro versamento da parte della ricorrente della somma di € 179.740,52;
- trattandosi, nel caso di specie, di un’estinzione totale, la ricorrente maturerebbe addirittura un credito corrispondente alla differenza di € 69.359,53 indicata dalla banca come rivalutazione;
- quindi, pur seguendo il ragionamento matematico della banca, si deve evidenziare che questa si distanzia (illegittimamente) dalla lettera di cui all’art. 7 del contratto di mutuo quando decide di gravare la ricorrente della suindicata “rivalutazione”.
La banca non ha ulteriormente replicato.
Diritto
I ricorrenti pongono all’attenzione del Collegio le loro contestazioni circa il conteggio fornito dalla banca per l’estinzione totale anticipata di un mutuo stipulato nel 2007 e indicizzato al Franco svizzero (CHF), chiedendo che si accerti la correttezza del meccanismo di calcolo da loro indicato e corrispondente a quanto previsto dal contratto.
La banca resiste al ricorso e chiede, in via preliminare, dichiararsi la sua inammissibilità, poiché presupporrebbe lo svolgimento di funzioni consulenziali, estranee alle competenze dell’ABF; in via principale, chiede il rigetto del ricorso perché infondato in fatto e in diritto.
Quanto all’eccezione di inammissibilità, questo Collegio ritiene che la stessa si apriva di pregio in quanto nel caso in esame i ricorrenti non chiedono che lo svolgimento di determinati conteggi (né chiedono – per vero – che ci si pronunci sulla esattezza dei calcoli aritmetici svolti dalla banca), ma che decida su quale delle parti debba gravare il
rischio di indicizzazione e quindi si accerti se per l’estinzione anticipata del mutuo de quo sia corretto applicare il metodo di calcolo fornito dalla banca oppure quello da proposto dai medesimi ricorrenti sulla base dell’art. 7, comma 4, del contratto.
Venendo al merito, si rileva che analoghe questioni sono state anche recentemente affrontate da questo Collegio (a tal fine si rinvia in particolare all’ampia ed articolate motivazione della decisione n. 1682 del 19 marzo 2014 di rimessione al Collegio di Coordinamento, in attuazione del principio di cui all’art. 118, comma 1, disp. att. c.p.c.).
Il contratto di mutuo è stato stipulato con un consumatore. Non è quindi revocabile in dubbio che, ancorché il contratto sia stato stipulato con l’intervento di un notaio, debba trovare applicazione nel caso di specie il principio sancito dall’art. 35, d.lgs. 2 settembre 2005, n. 206, il quale prescrive che le, clausole proposte al consumatore debbono essere redatte “in modo chiaro e comprensibile”, vale a dire in modo da essere (non solo intellegibili sul piano lessicale, ma anche) idonee a rendere edotta la controparte della portata dei diritti e degli obblighi sia sul piano giuridico che dal punto di vista economico.
Ciò posto, si rileva che la clausola 7 del contrato di mutuo, nella parte che qui maggiormente interessa, contiene la locuzione “capitale restituito” che appare logicamente incongrua rispetto all’oggetto della relativa pattuizione, come conferma la successiva dizione “nonché gli eventuali arretrati che fossero dovuti” che coniuga a quella di “capitale
restituito” la contraria nozione del debito conseguente ad eventuale mora del mutuatario.
Né fornisce maggiori chiarimenti la condotta tenuta dall’intermediario, che ha predisposto il conteggio estintivo espressamente riferendolo al “capitale residuo” (termine contenuto invece nella formulazione dell’art. 7 bis), dando per implicita la natura di mero refuso della contraria espressione utilizzata nella clausola de qua.
A tale complessità, se non incongruità, lessicale, fa riscontro, come rilevato nella narrativa del fatto, una non precisa individuazione della natura e dell’oggetto del contratto nella sua denominazione e nelle sue principali clausole.
In proposito, ferma la legittimità del mutuo fondiario in valuta estera sostenuta dalla banca resistente anche con riferimento a quanto in tal senso specificamente statuito dalla Suprema Corte, merita rilevare che, proprio secondo tale insegnamento, l’inserimento in un mutuo fondiario di un fattore di rischio come quello di cui si verte (andamento della valuta estera rispetto al suo cambio contrattualmente convenuto) ne modifica “lo schema
tipico del contratto commutativo, mediante l’aggiunta di un rischio che a quello schema sarebbe estraneo, rendendolo, per tale aspetto, aleatorio” con l’effetto, non trascurabile, di rendere ad esso inapplicabili “i meccanismi riequilibratori previsti nella ordinaria disciplina del contratto” (Cass. 29/05/12, n. 8548) e, sembra corretto aggiungere, quelli approntati a tutela del consumatore, come nella specie gli odierni ricorrenti, dalla disciplina speciale in tema di rimborso anticipato del finanziamento (v. art. 125 sexies TUB).
La ragione, di intuitiva evidenza, è che la trasformazione di un negozio tipico commutativo in un negozio atipico aleatorio non può che determinarne la modifica causale, divenendo l’alea “elemento essenziale del sinallagma” (Cass. 28/02/13, n. 5050), con conseguente inapplicabilità al secondo della disciplina normativa dettata per il primo.
Ma se è così, non può allora non rilevarsi quantomeno l’improprietà, se non l’erroneità, della denominazione del contratto di cui si verte quale “Contratto di mutuo fondiario ai sensi degli articoli 38 e segg. del D.Lgs. 385 del 1/9/93”, trattandosi nel caso di specie non di un mutuo fondiario (negozio tipico commutativo), ma, come si è sopra
evidenziato, di un mutuo connotato da un rilevante fattore di rischio finanziario (negozio atipico di natura aleatoria), sia pure per volontà di entrambe le parti.
Altrettanto discutibile è poi l’assenza di qualsiasi riferimento alla atipicità/aleatorietà del negozio e al meccanismo di indicizzazione del mutuo nella clausola (art. 1) denominata “Oggetto del contratto” e la limitazione, in quella (art. 3) denominata “Termini e modalità di rimborso”, ad un generico rinvio ai “… conguagli semestrali così come in seguito determinati”.
Analogamente inadeguata è infine la titolazione dell’art. 4 che, sotto la denominazione “Interessi”, contiene la disciplina del meccanismo di indicizzazione del mutuo che attiene non tanto al rischio di fluttuazione del tasso di interesse applicabile al rapporto, quanto a quello, ben più rilevante, connesso all’andamento del tasso di cambio
delle valute.
L’assente evidenziazione della natura atipica e aleatoria del contratto nella sua titolazione, l’inadeguata titolazione e formulazione, a tale specifico riguardo, delle sue principali clausole, l’accentuato tecnicismo del meccanismo di indicizzazione adottato all’art. 4, l’incongruità del termine “capitale restituito” nella formulazione della clausola 7 del contratto e la notevole incidenza economica della voce “rivalutazione” posta a carico dei diversi interessati al momento di estinzione anticipata del mutuo, rendono conto della pluralità di analoghe controversie di identico contenuto promosse nei confronti del medesimo intermediario avanti questo Arbitro (in termini, Colle- Roma, dec. n. 1682/2014).
Peraltro, come evidenziato in altra pronuncia, appare “significativa la circostanza che la medesima tipologia contrattuale e, nello specifico, la medesima clausola (comunque intitolata o numerata) di cui si controverte nel presente procedimento, abbiano costituito oggetto, per analoghe ragioni, di vertenze in precedenza deferite all’Arbitro Bancario Finanziario da altri soggetti nei riguardi della medesima intermediaria. Ciò porta a ritenere
che in linea generale la disposizione in esame non risulti essere stata adeguatamente valutata e percepita dai clienti. Anzi è la natura stessa del contratto di mutuo indicizzato ad una valuta estera (ancor prima della singola disposizione) a non essere stata all’evidenza soppesata dai mutuatari, i quali non ne hanno inteso il carattere aleatorio messo in luce dalla giurisprudenza” (in termini, Coll. Milano, dec. n. 2974/2012).
Ad avviso di questo Collegio, pur essendo indiscutibile la possibilità che le parti inseriscano, ai sensi dell’art. 1469 cod. civ., elementi di aleatorietà nel contratto di mutuo adottando un meccanismo di indicizzazione quale quello di cui si tratta, resta da valutare se nella specie la formulazione delle previsioni contrattuali, singolarmente e complessivamente intese, possa considerarsi pienamente rispondente al dovere di informativa sancito dal citato art. 35, d.lgs. n. 206/05, oltre che a quello, avente come noto rango costituzionale, di solidarietà sociale e di tutela degli interessi della controparte (v. Cass. 10/11/10, n. 22819; Cass. 29/09/11, n. 19879) in cui si sostanzia l’obbligo di
buona fede anche in fase precontrattuale, come ripetutamente affermato con specifico riferimento agli intermediari bancari e finanziari dalla Suprema Corte (v. ad es. Cass. 19/12/07 n. 26742) e da questo Arbitro (v. ad es. ABF dec. 07/04/10 n. 207), considerato anche lo specifico grado di diligenza loro imposto dall’ordinamento (v. ad es. Cass.
24/09/09, n. 20543), derivandone, in difetto, un obbligo risarcitorio da rapportarsi al maggior onere sopportato dai ricorrenti (v. Cass. 29/09/05, n. 19024), ovvero quantomeno un concorso di colpa dell’intermediario nella determinazione del pregiudizio da loro subìto, ovvero se, al contrario, l’effetto economico pregiudizievole patito dai ricorrenti debba ritenersi conseguente alla valida pattuizione di un rischio loro noto o che tale avrebbe dovuto essere.
Nel caso in esame emerge infatti una palese violazione dei princìpi di correttezza e buona fede e di protezione della controparte che avrebbero dovuto caratterizzare l’agire dell’intermediario resistente. Detta violazione appare essersi concretizzata nella fase di formazione del consenso, con la sottoposizione alla ricorrente del contratto contenente
clausole penalizzanti il cliente/consumatore soprattutto nella eventuale fase di estinzione anticipata.
Da tale punto di vista, la responsabilità dell’intermediario resistente può essere affermata alla stregua dei princìpi sanciti dagli artt. 1337 e 1338 c.c. nella lettura costituzionalmente orientata sopra richiamata.
Dalla responsabilità di siffatta natura discende l'obbligo per l'intermediario resistente di risarcire i danni subìti dai ricorrenti. Ed invero, “la violazione dell'obbligo di comportarsi secondo buona fede nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto assume rilievo non soltanto nel caso di rottura ingiustificata delle trattative, ovvero qualora sia stipulato un contratto invalido o inefficace, ma anche se il contratto concluso sia valido e tuttavia risulti pregiudizievole per la parte rimasta vittima del comportamento scorretto;
ed in siffatta ipotesi il risarcimento del danno deve essere commisurato al minor vantaggio, ovvero al maggior aggravio economico prodotto dal comportamento tenuto in violazione dell'obbligo di buona fede, salvo che sia dimostrata l'esistenza di ulteriori danni che risultino collegati a detto comportamento da un rapporto rigorosamente consequenziale e diretto” (Cass., Sez. Un., 19 dicembre 2007, n. 26724).
P.Q.M.
Il Collegio accerta il diritto della ricorrente a ottenere dalla resistente, a titolo risarcitorio, nel caso in cui si addivenga all’estinzione anticipata del mutuo, una somma pari al 20% dell’ammontare della rivalutazione del capitale da restituire.
Dispone, inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di Euro 200,00 (duecento/00) quale contributo alle spese della procedura e alla ricorrente quella di Euro 20,00 (venti/00) quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.
IL PRESIDENTE
Giuseppe Marziale