Decisione N. 4501 del 17 maggio 2016
COLLEGIO DI MILANO
composto dai signori:
(MI) LAPERTOSA .................................. Presidente
(MI) ORLANDI ....................................... Membro designato dalla Banca d'Italia
(MI) CERINI............................................ Membro designato dalla Banca d'Italia
(MI) SPENNACCHIO ............................. Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari
(MI) TINA ............................................... Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti
Relatore (MI) CERINI
Nella seduta del 09/02/2016 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
La controversia attiene al corretto conteggio effettuato dall’intermediario in relazione all’estinzione anticipata di un contratto di mutuo. In particolare, risulta da quanto esposto in atti come il ricorrente, unitamente alla moglie cointestataria del presente ricorso, stipulava in data 29/04/2008 con l’intermediario attuale resistente un contratto di mutuo ipotecario per l’importo di € 166.000,00. Tale contratto prevedeva, ed essendo tutt’ora in corso
ancora prevede, un meccanismo di conversione del capitale a debito in Franchi svizzeri, secondo quanto descritto in condizioni contrattuali e in particolare agli artt.7 ss. dell’atto notarile di riferimento, allegato in atti. Il ricorrente, chieste delucidazioni in merito ai calcoli relativi al debito ed al capitale di estinzione, dichiara di aver ricevuto nel marzo 2013 una nota esplicativa “con procedure di calcolo relative all’indicizzazione, alla conversione in euro e all’estinzione anticipata assolutamente non presenti sul contratto”. In data 23/12/2014 il ricorrente riceveva nuova informativa relativa all’indicizzazione per il periodo 1/06/2014-30/11/2014 e, non comprendendo la documentazione, inviava richiesta di chiarimenti alla banca. A tali richieste, il cliente riceveva risposte che, a suo avviso, erano del tutto generiche e comunque inidonee a chiarire efficacemente i meccanismi di calcolo seguiti. Infine, in data 19/01/2015, essendosi determinato a trasferire il mutuo su altra banca, il ricorrente formulava domanda per ottenere il conteggio al fine di convertire, ovvero procedere alla indicata surroga con altro intermediario. Contestualmente il ricorrente, ritenendo particolarmente oneroso il proprio contratto sulla base delle
informazioni sino a tal momento avute, chiedeva di poterlo ricondurre “in termini di convenienza accettabili per il cliente”.
La banca resistente riscontrava negativamente la richiesta di ridefinizione ed inviava i conteggi elaborati in base ai parametri descritti nella già menzionata nota del marzo 2013.
Il ricorrente, a fronte di tali ultimi chiarimenti, ha esposto prima tramite reclamo e poi ricorso, le proprie doglianze, rilevando innanzitutto la mancanza di adeguata informativa con riguardo alle richieste di chiarimenti già in passato formulate nei confronti dell’intermediario; in particolare, la parte ricorrente denuncia una sostanziale incomprensibilità del meccanismo di calcolo degli interessi e la circostanza che tale meccanismo di indicizzazione valutaria sembra porre il contratto nell’ambito dei prodotti finanziari derivati.
Sulla base di tali presupposti, con ricorso presentato all’Arbitro, il ricorrente articola analiticamente le proprie domande, che sono così riassumibili: in via principale è richiesto l’annullamento del contratto con conversione del debito in Euro e calcolo del residuo importo dovuto in base ai parametri esposti dallo stesso ricorrente nell’atto di ricorso; in subordine la parte chiede il ricalcolo dell’indicizzazione semestrale interpretato come da prospetto elaborato, per tutti i semestri precedenti a partire dalla data di stipula del contratto fino ad un eventuale raggiungimento della quota limite di Euro 100.000,00 come previsto dalla normativa [in punto di competenza per valore] ABF; in ulteriore subordine si richiede il ricalcolo del debito residuo in base alla formula espressa in sede di reclamo e ripresa in ricorso, alla quale documentazione si rinvia per una completa lettura.
L’intermediario, con proprie controdeduzioni, contesta la domanda di parte ricorrente ritenendo corretto il funzionamento contrattuale divisato, nonché le indicazioni ed i conteggi già esposti alla parte ricorrente a fronte dei chiarimenti in passato richiesti. Innanzitutto, infatti, l’intermediario censura il comportamento della parte ricorrente, la quale nonostante la domanda generica di rinegoziazione, non avrebbe mai provveduto a convertire il mutuo, tuttora in ammortamento secondo l’originaria indicizzazione al Franco svizzero.
Ciò chiarito, e con riferimento alle richieste poi presentate in ricorso, l’intermediario eccepisce innanzitutto come la domanda di ordinare la rinegoziazione del mutuo non rientra tra i poteri del Collegio ABF. Sempre in via preliminare, l’intermediario eccepisce l’incompetenza temporale in relazione all’attuale controversia, essendo le contestazioni dei ricorrenti attinenti ad un periodo precedente al 1/01/2009.
Tutto ciò premesso, l’intermediario nel merito indica come le caratteristiche del mutuo oggetto di controversia evidenziano in primo luogo che l’indicizzazione al Franco svizzero è chiaramente indicata all’art. 4 del contratto, così come i meccanismi di conversione sono esplicitati nei successivi articoli. Si tratta, infatti, di un mutuo la cui erogazione e le rate di rimborso è regolata in Euro ma la cui valuta di riferimento era il Franco svizzero. Il
meccanismo con cui ha operato tale indicizzazione è sempre stato chiaramente indicato nel contratto agli artt. 3-4 e prevede che, una volta fissati i tassi convenzionali, siano effettuati semestralmente dei conguagli in base ad eventuali differenze per il calcolo delle quali i criteri erano previsti nel contratto stesso. Tali conguagli, positivi o negativi, sono
stati accreditati o addebitati su uno speciale rapporto di deposito fruttifero appositamente aperto presso la banca. L’intermediario, quindi, nelle controdeduzioni, ha esposto i calcoli effettuati per ottenere nel caso di specie le indicizzazioni relative al semestre 01/06/2014 – 30/11/2014, evidenziando che il contratto in oggetto si caratterizza per il fatto che l’indicizzazione delle rate di rimborso dipende, oltre che dall’andamento del tasso di interesse (LIBOR), anche dal tasso di cambio Franco svizzero / Euro che va quindi essere preso in considerazione per calcolare l’equivalente in euro delle rate di rimborso. Nel caso di specie, poi, tali meccanismi portano ad un saldo positivo sul conto deposito pari ad € 11.259,46, importo decurtato dal capitale residuo ai fini della conversione.
Alla luce di tutto ciò, l’intermediario rivendica la correttezza dei criteri utilizzati in sede di calcolo per il conteggio di anticipata estinzione, di cui all’art. 7 bis del contratto di mutuo, sicché chiede, in via preliminare, di dichiarare il ricorso inammissibile o in subordine di respingerlo nel merito.
DIRITTO
La controversia ora in esame richiede, innanzitutto, di affrontare l’eccezione preliminare esposta dall’intermediario resistente in relazione alla carenza di competenza temporale dell’Arbitro, posto che il contratto de quo è stato stipulato in periodo antecedente il 1 gennaio 2009. Orbene, il Collegio osserva come le domande formulate dalla parte ricorrente riguardino i meccanismi operativi del mutuo nel suo dispiegarsi dalla stipula ad oggi, nonché i conteggi di anticipata estinzione del finanziamento di cui si tratta, i quali sono stati predisposti dalla parte resistente a partire dal 2013. Ne consegue che, trattandosi di operazioni e comportamenti successivi al 1° gennaio 2009, va affermata la competenza temporale del Collegio arbitrale nel conoscere la controversia.
Quanto al merito di tale conflitto insorto tra il cliente e la banca, si indicherà innanzitutto come la domanda principale formulata dalla parte ricorrente, volta a fare dichiarare la nullità dell’intero contratto di mutuo, non possa essere accolta in quanto, anche sottoponendo al vaglio di legittimità la clausola di calcolo e di riferimento dei criteri di conversione, non si può dedurre l’annullamento ovvero la nullità dell’intero rapporto negoziale. È, dunque, più concretamente ai criteri di calcolo ed alle modalità di funzionamento del mutuo, con specifico riferimento al tema della doppia conversione, che occorre riferirsi al fine di sondare la fondatezza delle domande poste in subordine dalla parte ricorrente.
A tal proposito, si consideri che, anche se, come appena sopra riferito, l’oggetto della controversia attiene all’accertamento del corretto metodo di calcolo, nello specifico delineato dall’art. 7 e 7 bis del contratto stipulato tra le parti, è indubbio che la decisione non possa prescindere dalla verifica della legittimità ed efficacia della clausola medesima che si pone come base normativa giustificatrice del suddetto calcolo.
Orbene, circoscrivendo l’analisi al funzionamento di tale clausola – sulla quale del resto sembra incentrarsi la doglianza del cliente che lamenta di non aver compreso, per mancanza di trasparenza, il meccanismo sottostante la conversione (rectius: la doppia conversione) - si deve constatare che la norma contrattuale in esame prevede, in caso di estinzione anticipata, che l’importo del capitale residuo vada prima convertito in Franchi svizzeri al tasso di cambio convenzionale fissato nel contratto e successivamente riconvertito in Euro al cambio Franco svizzero/Euro rilevato il giorno del rimborso. In tal modo il cliente dovrebbe subire la doppia alea della duplice conversione del capitale residuo, prima in Franchi svizzeri al tasso convenzionale e, una seconda volta, in Euro al tasso di periodo. Tale previsione pattizia va letta alla luce di quanto più in generale affermato dalla giurisprudenza di legittimità in relazione alla validità delle clausole nei contratti unilateralmente predisposti. In merito, si constata come la giurisprudenza di legittimità abbia ripetutamente affermato (confronta ex plurimis Cass. Sez. III, 8 agosto
2011, n. 17351) la necessità che le clausole contrattuali e i comportamenti delle parti contraenti siano conformi alle regole di correttezza, trasparenza ed equità e che la violazione dei suddetti principi comporta la nullità delle clausole contrattuali che non li rispettano. Non sembra, a questo proposito, che la clausola in esame nell’attuale controversia esponga in maniera sufficientemente trasparente il funzionamento concreto del meccanismo di conversione della valuta estera, né il rapporto tra tale meccanismo e quello prescritto da altre clausole relative all’erogazione del mutuo. Né a sanare tale situazione può contribuire il rilascio di note esplicative successive, peraltro non condivise
nella loro interpretazione dalla parte ricorrente. Infatti, come si detto, la clausola contrattuale in discussione si limita a prospettare che gli importi già restituiti o ancora dovuti dal mutuatario siano dapprima convertiti in Franchi svizzeri al “tasso di cambio convenzionale” e l’importo così ottenuto sia poi riconvertito in Euro al tasso di cambio
corrente, ma non espone affatto le operazioni aritmetiche che debbano essere eseguite al fine di realizzare tale duplice conversione da una valuta all’altra (e viceversa), né appare sufficientemente chiara, a prescindere dal requisito della buonafede; in altri termini, risulta assai complesso e difficilmente intellegibile comprendere quale impatto concreto il regime di doppia conversione venga a determinare sul capitale a debito, né vi sono ausili
documentali ovvero consta in merito una specifica consulenza ed assistenza tali da fare meglio comprendere al cliente aderente l’esatto funzionamento della clausola. D’altro canto il doppio regime di conversione non è per nulla neutro rispetto ai doveri delle parti e, in particolare, del consumatore che si trova a subirne gli effetti, anche pregiudizievoli, rispetto alle proprie obbligazioni, sub specie di determinazione del debito residuo come risultante dal complesso delle operazioni di riconversione previste.
Su questi aspetti ed in relazione alla lor interferenza con il regime dei contratti dei consumatori, come confermato anche da precedenti decisioni di questo Collegio per casi e clausole del tutto analoghi a quelli ora discussi, si è espressa altresì la Corte UE ritenendo inequivocabilmente che una clausola contrattuale può essere valutata come abusiva ai sensi dell’art. 3, paragrafo 1, della medesima direttiva, laddove «malgrado il requisito della buona fede, [determini] un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto». Com’è noto, l’art. 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE è stato attuato nell’ordinamento giuridico italiano mediante l’art. 33, 1° comma, cod. cons.. In quanto abusiva (ovvero vessatoria), la clausola contrattuale di cui si tratta è pertanto suscettibile di essere dichiarata ex officio nulla, ai sensi dell’art. 36 del Codice del Consumo (corrispondente all’art. 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CE). Parimenti, secondo il menzionato orientamento della Corte Suprema la violazione della fondamentale regola della trasparenza, quindi della obiettivamente agevole comprensibilità, comporta la nullità della clausola.
Ciò posto, è peraltro necessario stabilire quali conseguenze produca nel rapporto contrattuale tra le parti del presente giudizio la nullità della clausola che è stata sopra esaminata, dal momento che il suddetto rapporto deve comunque essere regolato, posta la sua sopravvivenza. Per quanto qui rileva, la menzionata sentenza della Corte di
giustizia dell’Unione europea ha così deciso: «L’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che, […] ove un contratto concluso tra un professionista e un consumatore non può sussistere dopo l’eliminazione di una clausola abusiva, tale disposizione non osta a una regola di diritto nazionale che permette al
giudice nazionale di ovviare alla nullità della suddetta clausola sostituendo a quest’ultima una disposizione di diritto nazionale di natura suppletiva». Peraltro, e sia pure con diverso e specifico riguardo alla manifesta eccessività degli interessi moratori, il Collegio di Coordinamento di questo Arbitro ha chiarito che, tenuto anche conto della Giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, alla nullità di una clausola abusiva ai sensi dell’art. 36 cod. cons. consegue l’applicazione della norma di diritto dispositivo alla quale il predisponente aveva inteso derogare a proprio vantaggio (sentenza n. 3995 del 24 giugno 2014).
Nel caso di specie, l’art. 125-sexies, 1° comma, T.U.B.. (corrispondente all’art. 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48/CE relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE) così statuisce: «Il consumatore può rimborsare anticipatamente in qualsiasi momento, in tutto o in parte, l’importo dovuto al finanziatore».
In armonia con la Corte di Giustizia si pone l’insegnamento della Suprema Corte, secondo cui (confronta Cass. Sez. I 10 settembre 2013, n. 20686) l’accertata nullità della clausola concernente le modalità del calcolo degli interessi non travolge il contratto, ma impone al giudice un nuovo calcolo degli stessi. Anche il caso di specie, così come altre posizioni decise da questo Arbitro in relazione alla medesima clausola oggetto di contestazione (cfr. decisione 5874/2015) va, dunque, deciso alla stregua dei principi sopra esposti. Pertanto, ribadita la nullità della clausola contenuta nell’art. 7 del contratto stipulato tra le parti del presente giudizio, e tenuto conto del principio nominalistico di cui all’art. 1277, 1° comma, c.c., non essendo possibile in ogni caso riferirsi ai criteri proposti dalla parte ricorrente che non sono in sé giustificati in quanto appaiono frutto di una interpretazione del tutto unilaterale sia del contratto che delle spiegazioni che sarebbero state offerte dalla banca con precedenti note, ebbene in virtù di ciò, l’intermediario dovrà effettuare il conteggio ai fini dell’anticipata estinzione del finanziamento di cui si tratta applicando i principi sopra enunciati. Quindi, la controversia trova la sua soluzione nel dato contrattuale, epurato della clausola nulla la quale limitava il suo effetto alla doppia conversione.
In esito alla richiesta di estinzione anticipata del mutuo, il capitale residuo che il ricorrente dovrà restituire sarà pari alla differenza tra la somma inizialmente mutuata (Euro 166.000) e l’ammontare complessivo delle quote capitale già restituite, queste ultime calcolate secondo la contrattuale indicizzazione al Franco svizzero), senza praticare però la duplice conversione prevista dalla clausola di cui è stata dichiarata la nullità. Resta fermo il dovere dell’intermediario di ricalcolare le somme eventualmente addebitate in eccesso alla parte ricorrente per effetto della dichiarata nullità della clausola, poiché tale nullità non può che esplicare i propri effetti ex tunc.
PER QUESTI MOTIVI
Il Collegio, in parziale accoglimento del ricorso, dichiara che la parte ricorrente ha diritto al conteggio estintivo secondo i criteri indicati in motivazione.
Il Collegio dispone inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di € 200,00, quale contributo alle spese della procedura, e alla parte ricorrente la somma di € 20,00, quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.
IL PRESIDENTE
Flavio Lapertosa