Decisione N. 16345 del 06 dicembre 2017 – Mutuo – In valuta – Contratti bancari in genere – Nullità delle clausole

Decisione N. 16345 del 06 dicembre 2017

COLLEGIO DI MILANO 

composto dai signori: 

(MI) LAPERTOSA ………… Presidente
(MI) CERINI ………… Membro designato dalla Banca d'Italia
(MI) FAUSTI ………… Membro designato dalla Banca d'Italia
(MI) BENAZZO ………… Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari 
(MI) TINA ………… Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti 

Relatore PIER LUIGI FAUSTI
Nella seduta del 26/09/2017 dopo aver esaminato: 

-  il ricorso e la documentazione allegata
-  le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
-  la relazione della Segreteria tecnica

FATTO
La ricorrente ha affermato: 

    •  di aver sottoscritto nell’anno 2005 un contratto di mutuo in euro indicizzati in franchi svizzeri con l’intermediario resistente per l’importo di € 135.000,00;
    •  che il mutuo in esame “presenta un meccanismo di indicizzazione al Franco Svizzero che si fonda su parametri finanziari tali da rendere questo prodotto un vero e proprio strumento finanziario”;
    • che al riguardo, “non risulta che ...(la ricorrente) abbia sottoscritto contratto per lo svolgimento dei servizi finanziari ex art. 23 TUF, nonché abbia compilato il modulo Mifid per la profilatura della cliente ai fini della valutazione di adeguatezza/conformità del prodotto rispetto al suo profilo di rischio”;
    • che il duplice meccanismo di conversione previsto in contratto “comporterebbe un aggravio dell’importo che ...(la ricorrente) dovrebbe rimborsare alla Banca pari, quantomeno, ad euro 40.000,00”.

Chiede, quindi, che l’Intermediario adito “provveda alla conversione del contratto da franchi svizzeri in euro senza aggravio di costi ... così consentendo alla ...(ricorrente) di poter estinguere il rapporto bancario o procedere alla surrogazione verso altro Istituto di credito”. 

L’intermediario anzitutto in via pregiudiziale ha eccepito l’incompetenza temporale poiché le doglianze sulla validità del contratto attengono ad un periodo antecedente a quello di competenza dell’ABF e non si è perfezionata alcuna estinzione anticipata del contratto, né è stato richiesto il relativo conteggio e/o la surroga del mutuo. 

In subordine e nel merito, l’intermediario: 

ha richiamato l’art. 4 del contratto che dispone che l’erogazione e il rimborso sono regolati in euro, mentre la valuta di riferimento ai fini del calcolo delle rate è il franco svizzero; 

ha illustrato, altresì, il meccanismo di funzionamento del contratto in esame; 

ha sostenuto che non vi poteva esser alcun margine di incertezza sulla modalità di calcolo da adottare e di averne compiutamente informato il cliente, in quanto: 

il cliente aveva ricevuto adeguata e sufficiente informativa in fase precontrattuale; il foglio informativo riportava chiaramente le caratteristiche tipiche del mutuo indicizzato;

nell’esecuzione del contratto, la banca aveva riepilogato le principali caratteristiche, con note dell’1/03/2013 e del 26/03/2015, nella quale erano contenute le operazioni aritmetiche che devono essere eseguite al fine di realizzare la duplice conversione da una valuta all’altra; 

non vi era alcun significativo squilibrio tale da determinare la vessatorietà della clausola poiché l’andamento del franco svizzero poteva concretizzarsi sia in uno svantaggio che in vantaggio per il cliente; in ogni caso l’asserita vessatorietà doveva essere valutata al momento della stipula e, pertanto, fuori dalla competenza del Collegio; 

il richiamo alla sentenza della Corte di Giustizia UE, contenuto in una pronuncia del Collegio di Coordinamento su tale contratto, non era pertinente poiché nel caso di specie non si contestava la chiarezza della clausola sul piano economico ma sul piano formale stante la mancanza della formula matematica applicata. 

DIRITTO 

Il Collegio ritiene di dover anzitutto respingere l’eccezione di incompetenza temporale sollevata dall’intermediario in via pregiudiziale, in quanto –come già precisato in altre occasioni – pur essendo la competenza arbitrale circoscritta ai ricorsi aventi ad oggetto operazioni o comportamenti successivi al 1° gennaio 2009, nel caso di specie, la domanda proposta dal ricorrente riguarda i conteggi di estinzione anticipata effettuati dall’intermediario dopo tale data, come l’intermediario stesso implicitamente riconosce (“... Ben prima che la parte ricorrente chiedesse il conteggio informativo per l’estinzione, quindi la banca aveva già inviato la nota di trasparenza datata 1 marzo 2013 ecc.”). Onde, trattandosi di operazioni o comportamenti successivi al 1° gennaio 2009, va affermata la competenza del Collegio arbitrale, come chiarito, in fattispecie aventi ad oggetto la medesima questione di merito, anche dal Collegio di Coordinamento di questo Arbitro (decisioni n. 4135/2015 e n. 5866/2015); decisioni che sono state seguite, sempre nella medesima questione, tra l’altro, da: Collegio di Roma, decisioni n. 901/10, n. 1276/10, n. 1302/10; Collegio di Milano, decisioni n. 341/11, n. 520/11, n. 719/11, n. 2451/2017, n. 4917/2017; Collegio di Napoli, decisioni n. 766/11, n. 810/11, n. 809/2016, n.10091/2016, n. 6625/2017. 

Ma anche nel merito, posto che l’oggetto del ricorso riguarda l’accertamento della legittimità del metodo di calcolo per l’anticipata estinzione contemplato dall’art. 9 del contratto predisposto dall’intermediario e, conseguentemente, la validità e l’efficacia della clausola stessa che rappresenta la base normativa del suddetto calcolo, sarebbe sufficiente richiamare il costante orientamento di questo Arbitro per accogliere il ricorso (cfr., Collegio di Coordinamento n. 4135/2015, nonché le successive n. 5855/2015, n. 5866/2015 e n. 5874/2015, tutte conformi e tutte relative a clausole contrattuali del tutto analoghe a quella di cui al ricorso; nonché, solo tra le ultime: Collegio di Milano n. 2451/2017, 4917/2017, 5487/2017; Collegio Roma n. 5091/2017; Collegio Napoli 6625/2017). 

La disposizione contrattuale in esame prevede, in termini sicuramente poco chiari (come di difficile comprensione è l’intero contratto, solo a volerlo leggere), che per i casi di estinzione anticipata del finanziamento l’importo del capitale residuo vada prima convertito in franchi svizzeri al tasso di cambio convenzionalmente fissato nel contratto e successivamente riconvertito in euro al cambio franco/svizzero rilevato al giorno del rimborso. 

Orbene, come affermato dal Collegio di Coordinamento, non pare che l’articolo in esame esponga in maniera trasparente, chiara e comprensibile il funzionamento concreto del meccanismo di doppia conversione della valuta, nonché il rapporto tra tale meccanismo e quello prescritto da altre clausole relative all’erogazione del mutuo; cosicché essa, secondo quanto ritenuto dalla Corte di giustizia dell’Unione nella sentenza del 30 aprile 2014, nella causa C-26/13, sembra porsi in contrasto con l’art. 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13/CEE (ovvero con l’art. 34, 2° comma, cod. cons.), oltre che contro l’orientamento della Corte di Cassazione (cfr., ex plurimis, Cass. Sez. III, 8 agosto 2011, n. 17351). 

In particolare con la decisione n. 5866/15 è stata evidenziata, alla stregua dell’orientamento in materia della Corte di Cassazione, non solo “la necessità che le clausole contrattuali e i comportamenti delle parti contraenti siano conformi alle regole di correttezza, trasparenza ed equità e che la violazione dei suddetti principi comporta la nullità delle clausole contrattuali che non li rispettano”, ma è stato anche osservato che la clausola in esame (identica a quella oggetto della decisione cui ci si riferisce) non espone “in maniera trasparente il funzionamento concreto del meccanismo di conversione della valuta estera”, né “il rapporto tra tale meccanismo e quello prescritto da altre clausole relative all’erogazione del mutuo, cosicché essa, secondo quanto ritenuto dalla Corte di giustizia dell’Unione nella sentenza che è già stata menzionata, sembra porsi in contrasto con l’art. 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13/CEE (ovvero con l’art. 34, 2° comma, cod. cons.), oltre che contro il predetto orientamento della Corte di Cassazione. Infatti, come si detto, detta clausola contrattuale si limita a prospettare che gli importi già restituiti o ancora dovuti dal mutuatario siano dapprima convertiti in franchi svizzeri al “tasso di cambio convenzionale”, e l’importo così ottenuto sia poi riconvertito in euro al tasso di cambio corrente, ma non espone affatto le operazioni aritmetiche che debbano essere eseguite al fine di realizzare tale duplice conversione da una valuta all’altra e viceversa”. Il Collegio di Coordinamento ha quindi ritenuto sussistente la violazione della fondamentale regola della trasparenza e cioè della obiettivamente agevole comprensibilità, con la conseguente nullità della clausola. Nullità da ravvisarsi anche nella specie. 

Quanto alle conseguenze della nullità, il Collegio di Coordinamento ha richiamato la più volte menzionata sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea secondo cui: «L’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che, ove un contratto concluso tra un professionista e un consumatore non può sussistere dopo l’eliminazione di una clausola abusiva, tale disposizione non osta a una regola di diritto nazionale che permette al giudice nazionale di ovviare alla nullità della suddetta clausola sostituendo a quest’ultima una disposizione di diritto nazionale di natura suppletiva». E così si è detto, in linea anche con la Corte di Cassazione (n. 20686/2013), secondo cui l’accertata nullità della clausola in quel caso concernente le modalità del calcolo degli interessi non travolge il contratto, ma impone al giudice un nuovo calcolo degli stessi, che alla nullità di una clausola abusiva ai sensi dell’art. 36 cod. consegue l’applicazione della norma di diritto dispositivo alla quale il predisponente aveva inteso derogare a proprio vantaggio (n. 3995/2014). Norma che, tenuto conto della materia del contendere, è stata individuata nell’art. 125-sexies, 1° comma, T.U.B.. (corrispondente all’art. 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48/CE relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE) per la quale “Il consumatore può rimborsare anticipatamente in qualsiasi momento, in tutto o in parte, l’importo dovuto al finanziatore”. Tutto ciò con l’effetto che, accertata la nullità della clausola contenuta nell’art. 9 del contratto stipulato tra le parti del presente giudizio e tenuto conto del principio nominalistico di cui all’art. 1277, 1° comma, c.c., l’intermediario dovrà effettuare il conteggio dell’anticipata estinzione del finanziamento senza praticare la duplice conversione indicata dall’art. 7 di cui è stata dichiarata la nullità. 

Non è inutile ricordare come recentemente anche la giurisprudenza di merito (Trib. Milano, 16 novembre 2015, ord.) abbia avuto modo di pronunciarsi – sempre nella stessa direzione e sempre nei confronti dell’odierno intermediario resistente, per di più dichiarando espressamente di condividere gli orientamenti di quest’Arbitro - sul tema qui affrontato, concludendo che: 

“quanto alla clausola di cui all’art. 7.5 dei contratti de quibus, se ne ravvisa il contrasto con l’art. 35, I comma del Codice del Consumo non in relazione al meccanismo di conversione, ma in rapporto alla terminologia impiegata come sopra precisato”, sulla base della seguente argomentazione: “Ciò posto in ordine al meccanismo, è, però, da sottolinearsi che la terminologia impiegata in detta disposizione poteva dare adito a dubbi interpretativi, come, peraltro, condivisibilmente già osservato in alcune decisioni dell’ABF prodotte da parte ricorrente. In particolare, il problema si pone per la dicitura “capitale restituito” contenuta nell’art. 7.5: ed, invero, posto che l’indicizzazione riguardava, nell’ipotesi di estinzione anticipata, il capitale da rimborsare, l’adeguamento avrebbe dovuto riguardare certamente il capitale residuo e non già quello restituito sino alla data della richiesta di estinzione. Una simile inesattezza poteva avere come conseguenza quella di focalizzare l’attenzione del consumatore sul capitale restituito e non su quello da restituire, con le conseguenti inesattezze in punto di valutazione economica dell’operazione. Né vale considerare il meccanismo utilizzato per i conguagli semestrali in base al quale, una volta operato il conguaglio, nessuna rivalutazione delle somme rimborsate da parte del mutuatario poteva più essere disposta; ciò in quanto non è esigibile, da parte del consumatore, un ragionamento logico – giuridico volto a supportare un’interpretazione sistematica delle clausole contrattuali per giungere ad una corretta conclusione metodologica in ordine al calcolo e, prima ancora, per compiere una corretta e realistica valutazione delle somme ancora dovute in caso di estinzione anticipata. In sostanza, quindi, una simile inesattezza ben potrebbe essere fonte di non corrette valutazioni economiche da parte dei consumatori e, per ciò stesso, contravviene a quei doveri di correttezza, trasparenza ed equità nei rapporti contrattuali, che sono maggiormente avvertite in ambito comsumeristico ed impongono all’operatore professionale un onere di diligenza particolarmente stringente ed idoneo a colmare la normale asimmetria informativa nel rapporto con il cliente”. 

Analogamente, più di recente, il Tribunale di Roma, 3 gennaio 2017, respingendo la domanda del qui convenuto intermediario e condividendo gli orientamenti di quest’Arbitro, ha ribadito la contrarietà della clausola ora in questione rispetto alle regole di trasparenza poste dagli artt. 115 e 116, T.u.b., nonché dagli artt. 33 e seguenti del Codice del Consumo.
Nel medesimo senso, ancor più di recente, il Tribunale di Busto Arsizio, 8 marzo 2017, sempre pronunciandosi contro il medesimo intermediario qui convenuto, ha disposto che il debito in linea capitale da restituire in caso di anticipata estinzione è l’importo residuo indicato nel piano di ammortamento in euro, in corrispondenza dell’ultima rata pagata dal mutuatario. 

Non sfugge, inoltre, che i contratti di mutuo c.d. multi divisa hanno causato problemi economici a consumatori di tutta Europa, con le conseguenti controversie giuridiche che appaiono risolte in senso favorevole ai consumatori medesimi: ad es. Appello Madrid del 23 novembre 2016, pronunciandosi contro il medesimo intermediario qui convenuto, sempre sulla base della mancanza di trasparenza delle clausole e sulla considerazione che il mutuo multi divisa costituisca in realtà uno strumento finanziario, non essendo stata effettuata la profilatura del cliente ai sensi della direttiva Mifid. In termini addirittura draconiani la sentenza del Tribunale di primo grado di Atene n. 334/2016, in accoglimento di una class action. Sul punto è di nuovo intervenuta anche la Corte di Giustizia dell’Unione europea con la sentenza C-186/2016, precisando che il requisito di chiarezza e comprensibilità di una clausola deve verificarsi non solo sul piano formale e grammaticale, ma altresì in relazione alla sua portata concreta, nel senso che un consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente avveduto, possa non solo essere a conoscenza della possibilità di apprezzamento o deprezzamento della valuta estera nella quale il prestito è stato contratto, ma anche valutare le conseguenze economiche, potenzialmente significative, di una tale clausola sui suoi obblighi finanziari. Ma forse, almeno sul piano sostanziale, si può aggiungere ancora qualcosa. 

E’ vero, infatti, che la sopravvenienza negativa per il mutuatario non è tecnicamente imputabile ad una clausola penale; e tuttavia non è dubbio che l’effetto della clausola contenuta nell’art. 9 del contratto in esame è esattamente analogo a quello che il legislatore ha inteso impedire con l’art. 120 ter TUB che dispone la nullità delle clausole con le quali si convenga che il mutuatario sia tenuto al pagamento di un compenso o penale o altra prestazione per l’estinzione anticipata o parziale dei mutui. Tale norma, insieme a quella del successivo art. 120 quater (surrogazione), ed a quelle in tema di rinegoziazione, hanno inteso favorire la possibilità di una gestione negoziale delle sopravvenienze: gestione che è assolutamente impedita dalla clausola del contratto in oggetto che rende il mutuatario praticamente prigioniero dell‘intermediario, contrariamente ad ogni principio di concorrenza. 

E’ poi ancora vero, come riferisce l’intermediario nelle controdeduzioni, che la sopravvenienza negativa per il mutuatario non è tecnicamente imputabile ad un debito di interessi, trattandosi di una rivalutazione del capitale; e tuttavia neppure è dubbio che il carico finanziario addossato al mutuatario per effetto della clausola multi valuta assuma un aspetto di eccesso tale (la somma da pagare a titolo di rivalutazione è quasi pari all’ammontare complessivo degli interessi corrispettivi secondo l’originario piano di ammortamento) che potrebbe assumere rilevanza giuridica in base ad altre norme (si rilevano, inoltre, dal piano di ammortamento ulteriori ricorrenti oneri per “varie”, pari a complessivi € 2.777,32 non agevolmente riconducibili a specifiche cause). 

Ma ancor di più, appare inadeguato proprio lo strumento proposto al mutuatario: sulla base del contratto in oggetto il tasso contrattuale appare inizialmente fissato nel 3,29%. Orbene nello stesso periodo di stipulazione (ottobre 2005), i tassi contrattuali di normali mutui variabili in euro senza clausola multi valuta, venivano pattuiti tra il 3% ed il 4%; per cui non si capisce quale potesse essere la convenienza per il mutuatario di sottoscrivere un contratto di mutuo multi valuta per l’acquisto della propria abitazione ad un tasso del tutto paragonabile a quelli in commercio, ma in più con il rischio valutario. Considerando che il mutuo multi valuta appare distribuito esclusivamente (o quali esclusivamente) dall’intermediario, sembra che il collocamento di tali prodotti sia stato lo strumento per una politica di penetrazione commerciale per avvantaggiarsi sui concorrenti, ma a forte rischio per i consumatori. 

In definitiva, anche il caso di specie, così come altre posizioni decise da questo Arbitro in relazione alla medesima clausola oggetto di contestazione (cfr. decisione 5874/2015) la controversia trova la sua soluzione nel dato contrattuale, epurato della clausola nulla, con l’effetto che in esito alla richiesta di estinzione anticipata del mutuo, il capitale residuo che parte ricorrente dovrà restituire sarà pari alla differenza tra la somma inizialmente mutuata e l’ammontare complessivo delle quote capitale già restituite, queste ultime calcolate secondo la contrattuale indicizzazione al Franco svizzero, senza praticare la duplice conversione prevista dalla clausola di cui è stata dichiarata la nullità (cfr. decisione Collegio di Milano n. 4501/2016). 

Resta fermo il dovere dell’intermediario di ricalcolare le somme eventualmente addebitate in eccesso alla parte ricorrente per effetto della dichiarata nullità della clausola, poiché tale nullità non può che esplicare i propri effetti ex tunc (cfr. decisione Collegio Milano n. 5487 del 17 maggio 2017). 

PER QUESTI MOTIVI 

Il Collegio accoglie parzialmente il ricorso ai sensi di cui in motivazione.
Il Collegio dispone inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di € 200,00, quale contributo alle spese della procedura, e alla parte ricorrente la somma di € 20,00, quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso. 

IL PRESIDENTE 

Flavio Lapertosa

Dec-20171206-16345