Decisione N. 13376 del 25 ottobre 2017</a
COLLEGIO DI NAPOLI
composto dai signori:
(NA) CARRIERO ……….. Presidente
(NA) MAIMERI …………. Membro designato dalla Banca d'Italia
(NA) BLANDINI ………… Membro designato dalla Banca d'Italia
(NA) FAUCEGLIA ………… Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari
(NA) BARTOLOMUCCI ………….. Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti
Relatore ESTERNI - FABRIZIO MAIMERI
Nella seduta del 12/09/2017 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
In data 28 marzo 2002 è stato stipulato dal ricorrente contratto di mutuo ipotecario indicizzato al franco svizzero dell’importo di € 155.000,00 da restituire in 20 anni. Previa emissione del conteggio estintivo del 23 ottobre 2015, è stata corrisposta dal ricorrente, ai fini dell’anticipata estinzione del rapporto, la complessiva somma di € 70.657,10, di cui € 23.835,86 per rivalutazione monetaria, come risulta dal conteggio estintivo. Tale importo è stato calcolato dall’intermediario in applicazione della clausola di cui all’art. 9 del contratto di mutuo. Ritenuta la clausola in esame poco trasparente, nonché molto complessa da comprendere per il consumatore, richiamata la pronuncia n. 17351 della Corte di Cassazione, Sez. III civile, conclude asserendone la nullità. Pertanto, sulla scorta delle indicazioni fornite dal Collegio di Coordinamento con decisione n. 4135 del 20 maggio 2015, ha proceduto ad effettuare il ricalcolo della somma dovuta a saldo dell’estinzione anticipata del mutuo.
Per questi motivi il ricorrente, insoddisfatto dell’interlocuzione intercorsa con l’intermediario, adiva l’Arbitro Bancario Finanziario, per l’accoglimento delle richieste avanzate.
In sede di controdeduzioni, l’intermediario eccepisce preliminarmente l’incompetenza temporale dell’Arbitro Bancario Finanziario, avendo chiesto il ricorrente la declaratoria di nullità della clausola di cui all’art. 9 del contratto di mutuo stipulato in data antecedente al 1° gennaio 2009.
Nel merito ribadisce la piena legittimità del contratto di mutuo, caratterizzato dall’inserimento del rischio della indicizzazione nel rapporto giuridico (cfr. Corte di Cass., sentenze nn. 8548/2012, 11200/2003). Riscontrando quanto dedotto dal ricorrente, specifica che le modalità di calcolo indicate all’interno dell’art. 9 del contratto di mutuo risultano chiare e corrette. Da questo punto di vista conferma la correttezza della metodologia applicata, affermando che non vi è alcun equivoco circa la procedura logica da seguire, coerentemente con la tipologia del mutuo ampiamente illustrata nelle sue peculiarità dall’informativa fornita ai clienti sia nella fase precontrattuale che nel corso del rapporto. Tra l’altro, proprio in ragione dell’aleatorietà del rapporto di finanziamento de quo, la cui estinzione anticipata può essere tanto sfavorevole quanto favorevole al consumatore, conclude sostenendo che la predetta clausola di indicizzazione non potrebbe neppure ritenersi vessatoria.
Sostiene inoltre che la decisione del Collegio di Coordinamento richiamata dal ricorrente afferiva ad un caso diverso essendo stata riscontrata, in quella specifica circostanza, dal Collegio giudicante la opacità e la poca trasparenza della clausola di indicizzazione, obiettando che nel caso in esame l’opacità e la poca trasparenza della clausola non può essere certo rilevata.
In relazione alle rispettive argomentazioni, il ricorrente ha formulato all’Arbitro la richiesta di accertare la nullità del menzionato art. 9 del contratto di mutuo e di disporre a carico di parte resistente il rimborso della somma di € 20.479,99, oltre alle spese di assistenza difensiva.
Parte resistente chiede al Collegio, “in via preliminare, di dichiarare il ricorso inammissibile o in subordine di respingerlo nel merito perché infondato”.
DIRITTO
1. In merito all’eccezione preliminare sollevata da parte resistente, il Collegio precisa che il mutuo, pur essendo stato stipulato nel 2002, è stato poi estinto anticipatamente in data 27 ottobre 2015, previa emissione di un conteggio estintivo emesso il 23 ottobre precedente, ossia in un periodo successivo a quello di competenza dell’Arbitro. Al riguardo basta ripetere quanto affermato dal Collegio di coordinamento nella decisione n. 5855/15: “la competenza arbitrale è circoscritta ai ricorsi aventi ad oggetto operazioni o comportamenti successivi al 1° gennaio 2009, mentre il contratto all’origine della controversia risulta stipulato nel 2008 [nel caso qui in esame 2002]. Nella specie la domanda principale proposta dal ricorrente riguarda i conteggi di anticipata estinzione del finanziamento di cui si tratta, i quali sono stati predisposti dalla resistente nel 2013 [qui 2015] e contestati dal ricorrente. Ne consegue che, trattandosi di operazioni e comportamenti successivi al 1° gennaio 2009, va affermata la competenza del Collegio arbitrale”. Nel medesimo senso cfr. Collegio Milano, decisione n. 11068 del 16 dicembre 2016.
2. Nel merito, la domanda attiene alla richiesta di nullità della clausola che disciplina la rivalutazione del capitale in caso di estinzione anticipata del finanziamento. Tale clausola è stata sottoposta all’esame del Collegio di coordinamento che, con decisione n. 5866/15 e dichiarata nulla. Né può sostenersi che la clausola là analizzata sia diversa da quella relativa al presente ricorso, come si evince dal confronto dei due articoli.
Quella di cui alla controversia attuale recita: “Ai fini del rimborso anticipato, il capitale restituito, nonché gli eventuali arretrati che fossero dovuti, verranno calcolati in Franchi Svizzeri in base al tasso di cambio contrattualmente previsto, e successivamente verranno convertiti in Euro in base alla quotazione del tasso di cambio Franco Svizzero/Euro rilevato sulla pagina FXBK del circuito Reuter e pubblicato su ‘Il Sole 24 ore’ nel giorno dell’operazione di rimborso”.
Quella esaminata dal Collegio di coordinamento (che era rubricata come art. 7) dispone: “Ai fini del rimborso anticipato, il capitale restituito, nonché gli eventuali arretrati che fossero dovuti, verranno calcolati in Franchi Svizzeri in base al ‘tasso di cambio convenzionale’, e successivamente verranno convertiti in Euro in base alla quotazione del tasso di cambio Franco Svizzero/Euro rilevato sulla pagina FXBK del circuito Reuter e pubblicato su ‘Il Sole 24 ore’ nel giorno dell’operazione di rimborso”.
Data l’identità della clausola, del contratto e della questione sollevata, questo Collegio non ritiene vi sia spazio per allontanarsi dalle considerazioni svolte dal Collegio di coordinamento.
3. La decisione n. 5866/15 così ha disposto: “3 - La giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente affermato (confronta ex plurimis Cass. Sez. III, 8 agosto 2011, n. 17351) la necessità che le clausole contrattuali e i comportamenti delle parti contraenti siano conformi alle regole di correttezza, trasparenza ed equità e che la violazione dei suddetti principi comporta la nullità delle clausole contrattuali che non li rispettano.
4 - Non sembra che la clausola in esame «esponga in maniera trasparente il funzionamento concreto del meccanismo di conversione della valuta estera», nonché «il rapporto tra tale meccanismo e quello prescritto da altre clausole relative all’erogazione del mutuo», cosicché essa, secondo quanto ritenuto dalla Corte di giustizia dell’Unione nella sentenza del 30 aprile 2013, sembra porsi in contrasto con l’art. 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13/CEE (ovvero con l’art. 34, 2° comma, cod. cons.), oltre che contro il predetto orientamento della Corte di Cassazione. Infatti, come si detto, detta clausola contrattuale si limita a prospettare che gli importi già restituiti o ancora dovuti dal mutuatario siano dapprima convertiti in franchi svizzeri al ‘tasso di cambio convenzionale’, e l’importo così ottenuto sia poi riconvertito in euro al tasso di cambio corrente, ma non espone affatto le operazioni aritmetiche che debbano essere eseguite al fine di realizzare tale duplice conversione da una valuta all’altra (e viceversa).
5 - Secondo la già menzionata sentenza della Corte di giustizia, la violazione del principio di trasparenza di cui all’art. 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13/CEE fa sì che la clausola di cui si tratta possa essere valutata come abusiva ai sensi dell’art. 3, paragrafo 1, della medesima direttiva, laddove «malgrado il requisito della buona fede, [determini] un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto». Com’è noto, l’art. 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE è stato attuato nell’ordinamento giuridico italiano mediante l’art. 33, 1° comma, cod. cons., la cui differente formulazione letterale non è significativa ai fini del presente giudizio. In quanto abusiva, la clausola contrattuale di cui si tratta è pertanto suscettibile di essere dichiarata ex officio nulla, ai sensi dell’art. 36 cod. cons. (corrispondente all’art. 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CE).
6 - Parimenti, secondo il menzionato orientamento della Corte Suprema la violazione della fondamentale regola della trasparenza, quindi della obiettivamente agevole comprensibilità, comporta la nullità della clausola.
7 - Ciò posto, è peraltro necessario stabilire quali conseguenze produca nel rapporto contrattuale tra le parti del presente giudizio la nullità della clausola che è stata sopra esaminata, dal momento che il suddetto rapporto deve comunque essere regolato. Per quanto qui rileva, la menzionata sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea ha così deciso: «L’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che, [...] ove un contratto concluso tra un professionista e un consumatore non può sussistere dopo l’eliminazione di una clausola abusiva, tale disposizione non osta a una regola di diritto nazionale che permette al giudice nazionale di ovviare alla nullità della suddetta clausola sostituendo a quest’ultima una disposizione di diritto nazionale di natura suppletiva». Peraltro, e sia pure con specifico riguardo alla manifesta eccessività degli interessi moratori, il Collegio di coordinamento di questo Arbitro ha chiarito che, tenuto anche conto della giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, alla nullità di una clausola abusiva ai sensi dell’art. 36 cod. cons. consegue l’applicazione della norma di diritto dispositivo alla quale il predisponente aveva inteso derogare a proprio vantaggio (sentenza n. 3995 del 24 giugno 2014). Nel caso di specie, il già menzionato art. 125- sexies, 1° comma, T.U.B. (corrispondente all’art. 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48/CE relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE) così statuisce: «Il consumatore può rimborsare anticipatamente in qualsiasi momento, in tutto o in parte, l’importo dovuto al finanziatore».
8 - In armonia con la Corte di Giustizia si pone l’insegnamento della Suprema Corte, secondo cui (confronta Cass., sez. I, 10 settembre 2013, n. 20686) l’accertata nullità della clausola concernente le modalità del calcolo degli interessi non travolge il contratto, ma impone al giudice un nuovo calcolo degli stessi.
9 - Il caso di specie va, dunque, deciso alla stregua dei principi sopra esposti. Pertanto, ribadita la nullità della clausola contenuta nell’art. 7 del contratto stipulato tra le parti del presente giudizio e tenuto conto del principio nominalistico di cui all’art. 1277, comma 1, c.c., l’intermediario dovrà effettuare il conteggio dell’anticipata estinzione del finanziamento di cui si tratta applicando i principi sopra enunciati. In particolare posto che il calcolo proposto dal ricorrente non risulta tecnicamente corretto, il capitale residuo che egli dovrà restituire sarà pari alla differenza tra la somma mutuata (180.000,00 euro) e l’ammontare complessivo delle quote capitale già restituite (queste ultime calcolate secondo la contrattuale indicizzazione al Franco Svizzero), senza praticare la duplice conversione indicata dall’art. 7 di cui è stata dichiarata la nullità”.
Nel medesimo senso cfr. altresì Collegio di coordinamento, decisioni n. 5855/15 cit. e n. 5874/15, cui adde la decisione n. 10091/16 di questo Collegio.
4. Applicando le argomentazioni fin qui illustrate al caso concreto, ne segue che la somma da restituire al ricorrente è pari alla differenza fra l’importo del debito da mutuo da retrocedere a seguito dell’estinzione anticipata (€ 23.835,86) e l’importo del c.d. saldo conto deposito (€ 17.967,94), vale a dire € 5.867,92, cui va aggiunta la somma di € 200,00 quale ristoro, equitativamente determinato, delle spese di assistenza difensiva sostenute, attesa la rilevanza delle questioni controverse.
P.Q.M.
In parziale accoglimento del ricorso, il Collegio accerta il diritto del ricorrente alla retrocessione dell’importo di € 5.867,92 nei sensi e per gli effetti di cui in motivazione.
Dispone, altresì, il ristoro delle spese di assistenza difensiva equitativamente determinate nella misura di € 200,00.
Il Collegio dispone inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di € 200,00 quale contributo alle spese della procedura e al ricorrente la somma di € 20,00 quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.
IL PRESIDENTE
Giuseppe Leonardo Carriero